Per i sessant’anni della Bur i primi quattro capitoli di “Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane” con cui Foucault nel 1966 si instaurava interprete del mondo. Un’opera molto settecentesca, di sapere totale, che seguita alla rivelatrice “Storia della follia nell’età classica” (1963) e anticipava la “storia della clinica” (1969). Una lettura fantastica di Velasquez, “Las Meninas”, la prosa del mondo, il “Don Chisciotte” col Cartesio delle “Regulae” e l’inizio della “rappresentazione”, e infine sotto il titolo “Parlare”, la nascita del commento e la grammatica, con l’articolazione, la designazione eccetera. Qui con una formidabile, benché breve, introduzione di Maurizio Ferraris. Che ci fa scoprire Foucault come Molière aveva edotto Monsieur Jourdain, che tutta la vita aveva parlato la prosa e non lo sapeva.
Foucault sta in mezza paginetta, spiega Ferraris, in due coup de théâtre: “L’uomo non è che un’invenzione recente («a pagina 395 dell’edizione originale», dice Ferraris, ma anche subito per la verità, alla settima pagina della prefazione dell’autore che questa edizioncina omette), una figura che non ha nemmeno due secoli, una semplice piega del nostro sapere” – nostro, di chi? E: “Come è venuto può anche andarsene, scomparire”. Va e viene per le evoluzioni dell’epistème, l’organizzazione del discorso. L’uomo insomma è un po’ suicida, come vuole l’epistème del momento.
C’è una (non voluta?) ironia nella nota di Ferraris. Che è un epicedio, seppure entusiasta. Per un fuoco d’artificio spento, già cenere, volatile: tanto ingegno in Foucault che sembra quello che è, tanto brillante (piena di sé) quanto inerte e inutile. Un testamento, già alla fioritura. Ma tutto questo succede tardi per questo libretto, dove invece Foucault cavalca pieno di sicurezze, come un cavaliere della vecchia epistème. Forte anche della sua stessa ironia – l’attacco della voluminosa ricerca è: “Questo libro nasce da un testo di Borges; dal riso che la sua lettura provoca”, ha provocato in Foucault.
I meriti di Foucault non sono da dire. A distanza colpisce pure la rilettura pionieristica del secondo Cinquecento, che è quasi tutto italiano: Cardano, Campanella, Cesalpino, Aldrovandi, Porta. Con una conclusione però da philosophe del Settecento: “Il sapere del XVImo secolo si è condannato a non conoscere mai altro che l’identico”, attraverso cataloghi, elenchi, enumerazioni, e la “categoria, fin troppo illustre, del microcosmo” – che ora è in auge proprio in Francia. E con scorciatoie mozzafiato, per il lato ripido della montagna, nel cap. centrale, “La prosa del mondo”: Dopo lo stoicismo, il sistema dei segni nel mondo occidentale era stato ternario, dato che in esso venivano riconosciuti il significante, il significato e la congiuntura (il τύγχανον in greco). A partite dal XVII secolo, in compenso, la disposizione dei segni diverrà binaria, definendosi, con Port Royal, attraverso il legame di un significante con un significato”. Alcune diecine di “cose” in sei righe. E la “cultura occidentale moderna” si caratterizza per “il fronteggiarsi di poesia e di follia”? Col supporto di un Cartesio minore, anch’egli tardo cinquecentesco, quelle delle “Regulae” – il secondo Cinquecento sarà, come vuole Foucault, ripetitivo, ma è azzardoso. Per non dire delle etimologie, puro Settecento. Foucault trae da Le Bel, “Anatomie de la langue latine”, una Roma composto da ro-, forza, e –ma, grandezza. E il rosso trova nell’abate Copineau, “Essai synthétique sur l’origine et la formation des langues” “vivo, rapido, violento allo sguardo” nel segno –r. E il rosso in greco, russo, polacco, catalano che fanno a meno della –r (o il giapponese, chissà, il cinese?). Il Settecento laborioso ha prodotto tanto, a vuoto, quasi come il secondo Cinquecento. E il secondo Novecento in Francia, bisognerà cominciare a dire. Ma l’“archeologia del sapere”, che invenzione! L’archeologia è semplice, è ciò che “sta sotto”. E “Le parole e le cose” è in fondo “l’ordine in base al quale pensiamo”. Ma bisognava pensarci, con animo sgombro.
Michel Foucault, La prosa del mondo, Bur, pp. 1658, € 4,90
domenica 19 giugno 2011
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