mercoledì 6 luglio 2011

Dio e la Svizzera imbroglioni

L’immaginazione è realtà. O singolare allegoria della Svizzera anni 1980, piena di delinquenti, imbroglioni (mercanti d’arte, avvocati, albergatori), ricchi che fanno i poveri, e di Dio. Che, con la barba e senza, non sa fare che male. Al coperto di un qualche (ex) consigliere federale, e il solito poliziotto inutile. Ubriacona e, s’indovina, scorreggiona. Ma più assorta delle altre allegorie di Dürrenmatt – una dama di compagnia “Uriel” vi fa gli orologi a tempo mobile, di cento oppure quindici ore, ore di quindici, o cinquanta o cento minuti. Non polemica né satirica, di normale ferocia – la valle di lacrime echeggiata nel titolo (l’originale è “Durcheinandertal”, la valle sottosopra), i beati poveri del famoso messaggio, e i tanti, specie i ricchi, che “vivono nella grazia, peccato più peccato meno”, anche se specializzati nel crimine. E tuttavia di lettura sempre incalzante e rapida, sorretta da una traduzione molto scorrevole di Giovanna Agabio.
Il Grande Vecchio e Belial vi sceneggiano anche quella che sarà la pubblicità del caffè di Bonolis. Dürrenmatt è morto prima, si sarebbe divertito. La caccia a un cane da abbattere, per avere morso lo stupratore della sua padroncina, impegna a turno la polizia locale, cantonale, federale, e infine l’esercito, con l’artiglieria. Testimone della vicenda è il maestro, che, “influenzato da Robert Walser, era stato uno dei primi a introdurre la candida innocenza nella letteratura confederale” - sebbene perseguitato dalla “maledetta signora von Stein”: il fatto è un fatto.
Friedrich Dürrenmatt, La Valle del Caos, Einaudi Tasc., pp. 116 € 9,50

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