C’è Unicredit dietro lo smobilizzo Unicredit. Nessuno può dirlo, ma tutti se ne sono certi. È uno dei misteri, non il solo, della settimana che ha visto la capitalizzazione di Unicredit ridursi di 4,5 miliardi, e di Intesa di 3 miliardi. Con vendite non giustificate e anzi chiaramente speculative, a breve allo scoperto.
Una parte dei movimenti di Borsa va in automatico. Essendo cresciuto notevolmente, di oltre mezzo punto percentuale in poche ore, l’onere dei Btp italiani rispetto al Bund, il titolo tedesco di riferimento, il finanziamento sarà più caro per le banche italiane, e quindi i grandi investitori se ne sono alleggeriti. Ma una forte speculazione si è innestata su questi automatismi, tutta locale, e soprattutto su Unicredit. Senza reazioni, né del management né della proprietà, e questo porta a inquadrare le vendite sul titolo nel disegno delle Fondazioni di riappropriarsi della banca, riscorporandola nelle componenti, per rifarne centri di potere politico.
La Consob ha provato a reagire al primo giorno dell’attacco a Unicredit, come aveva fatto in altri casi della stessa dimensione, bloccando le vendite allo scoperto. Ma è ne è stata impedita da almeno tre dei suoi cinque membri, quelli più vicini all’industria del credito e alle stesse Fondazioni, Vittorio Conti, Michele Pezzinga e Luca Enriques – gli altri due, il presidente Giuseppe Vegas e il professor Paolo Troiano sono grands commis pubblici.
Le banche italiane hanno perso il 26,5 per cento del loro valore di Borsa quest’anno, contro un calo dell’8 per cento circa per tutte le banche europee, comprese dunque quelle italiane, e le banche Usa. Pur avendo migliori ratios della media delle banche europee. Quattro quinti del crollo della scorsa settimana sono imputabili alle banche più politicizzate, Unicredit e le popolari.
Il destino di Unicredit è nelle mani di Palenzona e Biasi, i presidenti molto politicizzati di alcune delle fondazioni socie del gruppo. I due di questo non ne fanno mistero. Biasi e Palenzona sono anche molto impegnati nella costituente informale del Centro politico post-Berlusconi.
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