Si punta sempre sulle scommesse e le chiacchiere al bar quando l’evidenza è che il calcio è malato al vertice. Ora la Juventus chiede giustizia da Abete, ed è tutto dire. È l’uomo che nel 2006 tentò di affossare Lippi e gli atleti simbolo della Nazionale che poi vinse il Mondiale, Buffon e Cannavaro, con falsi scandali, e Lippi ebbe difficoltà ad abbracciare nelle celebrazioni.
Le prove che l’Inter telefonava agli arbitri sono di due anni fa. Il procuratore Palazzi le ha acquisite un anno e mezzo fa, e dopo “giornate di duro lavoro”, le ha chiuse con la prescrizione. Erano bastate poche settimane nel 2006 per condannare tutti gli altri, a partire dalla Juventus. I debiti dell’Inter sono più del fatturato, e niente, questo non interessa a nessuno. Dopo perdite cumulative negli ultimi quattro anni per 578 milioni, che avrebbero fatto fallire qualsiasi altra società con un fatturato di 300 milioni.
Le perdite sono state in parte colmate con artifici contabili, su cui la Corte Federale ha steso un velo. E col collocamento discusso della Saras in Borsa, e niente nemmeno su questo versante: la Procura di Milano ha dovuto aprire un’inchiesta ma aspetta il momento opportuno per archiviarla, anche se ogni sottoscrittore sa che il furto c’è stato.
Non solo nessun provvedimento di rigore viene preso, ma non del vero malaffare si legge neppure una riga, neppure a titolo di gossip. Anche il gossip è selettivo, come la giustizia. Un arbitro sicuramente corrotto ha diretto per anni il calcio dopo Calciopoli: non se ne parla. Gli organi federali sono stati presi d’assalto nel 2006 da uomini del Milan e dell’Inter, che non li hanno più mollati: non se ne parla. Il consiglio della Figc che dovrebbe ridecidere sullo scudetto che la stessa Figc ha assegnato a tavolino all’Inter deciderà ora di non decidere, i presidenti sanno chi comanda. L’Inter ha vinto due scudetti con due e tre punti, più che sospetti, di vantaggio sulla Roma: non se ne parla – la Roma (società, tifo, e Totti-De Rossi se non la squadra) se la prende sempre con la Juventus, perché sa che non conta niente. Ha pagato la Juventus perché ai due eredi, sicuramente non cerebrolesi, non sembrò vero di potersi liberare d’un colpo di ogni concorrenza all’interno della Famiglia. I due erano disposti per questo a ripartire dalla serie C, si ricorderà, se non dalla Promozione. E ancora non smettono di omaggiare per questo Milano, allestendo società e squadre da Eccellenza, o giù di lì.
Le prove che l’Inter telefonava agli arbitri sono state omesse dai giudici napoletani che hanno istruito il caso (uno dei quali ha fatto un balzo in carriera) e\o dalla polizia giudiziaria che le smaterializzò. E questo è un altro aspetto, più inquietante, perché denuncia lo stato della giustizia. È lo stesso blocco d’accusa che ha ricusato per ben due volte la presidente del tribunale che giudica Moggi, Teresa Casoria, per intimorirla: con che serenità la giudice Casoria potrà giudicare? Un processo senza nessun crimine accertato. Senza nemmeno un tentativo di corruzione. E pieno di “prove” consistenti nelle cronache delle partite il lunedì, e cioè di moviole sui rigori, sul pallone fuori o dentro, sul fuorigioco millimetrico – roba da non credere, ma l’istruttoria è stata stampata dall’“Espresso”, firmata da un colonnello dei carabinieri, ed è ancora recuperabile. Ma si sa che Napoli ha scelto di fare da killer per Milano.
A proposito di notizie occultate basti quanto detto dalla giudice Casoria di fronte al Csm, al quale era stata denunciata, che nessun giornale ha riferito (l'ha denunciata la giudice Francesca Pandolfi, di cui chi ha seguito un poco il processo a Moggi – la giudice è nella terna – si meraviglia che abbia ancora titolo alla professione): “La Procura di Napoli ha chiesto al presidente del Tribunale di fare qualcosa per farmi astenere. La Pandolfi ha reiterato questo invito ma io non avevo nessun motivo per non fare il processo Calciopoli. Ho sostenuto l’accusa in processi importantissimi (alla Nuova Camorra, Cutolo & soci, et al., n.d.r.), non avevo alcun interesse in questo processo, il calcio non lo conosco, non tifo per nessuno, quindi fare il processo era il mio dovere. Ci si astiene se c’è motivo di farlo perché svolgere i processi è un dovere. Due sentenze della Corte d’Appello sulle precedenti ricusazioni hanno ribadito che era un dovere andare avanti.
“Devo notare come è stato strumentalizzato in tutti i modi questo procedimento. Il pm Beatrice (è il pubblico accusatore che ha fatto il salto in Cassazione, n.d.r.) addirittura si era lamentato perché facevo cominciare il processo troppo in fretta. Quando vennero rigettate le richieste per le parti civili si rischiava la paralisi di Calciopoli, ma il pericolo era di avere in udienza come parte civile ogni singolo tifoso di calcio. Invece siamo arrivati alla fine del dibattimento. Piuttosto, vedo i Pm renitenti a fare la requisitoria. Hanno chiesto indagini supplementari…”
Le hanno i Procuratori le hanno poi concluse, prolungando i tempi del processo. Ma ancora non hanno la requisitoria e forse le riapriranno. Hanno ottenuto i nuovi testimoni che chiedevano, che hanno fatto saltare con le assenze (compreso Gianfelice Facchetti) alcune udienze, giusto per tirarla ancora in lungo, e non hanno chiarito nulla. E hanno visto ammonito il loro teste principale, l’ex arbitro Nucini, per “scarsa attendibilità” – “consenziente lo stesso Pm Capuano” (quello subentrato a Beatrice, n.d.r.), ha fatto notare al Csm la giudice Casoria. Napoli resta sempre la succursale di Milano per gli affari sporchi - la Napoli che conta, segreta e fredda come un buon killer.
Nessun commento:
Posta un commento