astolfo
Australia – Potrebbe essere intraprendente perché è stata galeotta e criminale. Il collegamento è fatto dal latinista inglese Ronald Syme nel 1988, nella presentazione in una serie di conferenze da lui tenute in Canada, all’università di Hamilton, negli anni 1950 (quando l’Australia si pregiava ancora di essere, come il Canada, un dominion della regina Elisabetta), riunite in Italia nella pubblicazione “Tre élites coloniali”, sui gruppi di comando nei tre imperi, romano, spagnolo e britannico. Alla fine della prefazione, mesto per il previsto ingresso della Gran Bretagna nell’Unione Europea, l’illustre antichista esalta con sua stessa sorpresa l’australiano: “L’uomo australiano… esalta la ribellione, l’originalità, il piacere della cultura metropolitana, che non ritiene incompatibile con galeotti e banditi. Come se fossero eroi nazionali”. Si sa che l’Australia fu popolate nel Settecento dall’Inghilterra di galeotti e banditi. Syme giudica positivamente anche l’atteggiamento dell’australiano, “radicale”, cioè aperto alle innovazioni, di fronte al “vecchiume” dell’Inghilterra, al conservatorismo degli stessi proletari.
Si potrebbe dedurne che, lasciando il Sud alle mafie, domani i meridionali saranno intraprendenti, innovativi, moderni? E coraggiosi e leali. O non bisogneebbe prima che ci fossero tanti Syme a Nord?
Europa – Passa indubbiamente da Londra l’attacco al debito europeo e all’euro. A conferma che l’Unione è stata una costruzione forzata, una sorta di opzione fra le tante e non l’esito di un processo storico e politico, e quindi è debole. Un 14 luglio non lontano, del 1988, il pur appassionato latinista inglese Ronald Syme volle concludere la presentazione per il pubblico italiano delle sue conferenze “Tre élites coloniali”, con elogi per l’impero romano e critiche per quello spagnolo e quello britannico, con un apprezzamento per gli ex “domini” di Londra, Canada e Australia, e con la finale amarezza “che l’antico potere imperiale, che aveva reso vane le aspirazioni di Luigi VIV, di Napoleone e del despota tedesco debba scegliere di essere integrato in una «Europa» così eterogenea, costituita da una dozzina di paesi, inclusi Portogallo e Grecia”.
Islam - Khomeini è un fatto, e anche un diritto. “Capisce”, spiegava nel 1987 Alain Touraine a Nanni Filippini (ora in “La verità del gatto”, p. 207), “nel 1956 Guy Mollet pensava ancora, certamente in buona fede, che in Algeria andava difesa la democrazia laica contro il fanatismo mussulmano”. Mollet fu l’ultimo presidente del consiglio francese del vecchio partito socialista, la Sfio. “Invece no”, spiega il sociologo, “ci sono certamente le culture”.
Sempre a Nanni Filippini Ronald Barthes diceva nel 1979 (l’intervista è ora in “La verità del gatto”), dopo la vittoria del khomeinismo:”Le società avanzate attuali hanno un consumo enorme di immagini e un consumo minimo di credenze. Nelle società islamiche avviene il contrario. Così, le società liberali sono meno fanatiche, ma meno autentiche”. Mentre si sa che Khomeini s’impose audiovisivamente (Foucault peraltro lo notava) con una diffusione di audiocassette e superotto, i video di allora, inimmaginabile nei paesi ricchi, in Europa o negli Usa – solo a Teheran, è vero, ma la città ha in Iran il ruolo dominante che ha Parigi in Francia.
Monarchia universale – Frances Yates non sa non magnificarne, in “Astraea”, retrospettivamente il senso superiore, della politica che converge e non si annienta, neppure “civilmente”. Nel corso della prima guerra Luigi Einaudi (“Junius”) constatava invece “la vana chimera della monarchia universale” (“Lettere politiche”, 88-89). Per inseguire la quale Italia e Germania, allora in guerra, rimasero per secoli divise e in costante guerra “civile”.
Séguéla, Jacques – Il pubblicitario francese che ha “inventato” Mitterrand è all’origine anche del successo di Sarkozy. Con più difficoltà, perché il presidente in carica non ha la scorza di Mitterrand, e anzi sembra fallirle tutte. Ma allora con più inventiva.
A Mitterrand Séguéla arrivò creando a fine anni 1970 l’attesa per un Mister X tra le file socialiste, che non si erano riprese dalla decisione nel 1956 della guerra in Algeria. Poi venne il partito Socialista come “forza tranquilla”. Lo slogan ebbe successo, e allora Séguéla lo incollò al semisconosciuto Mitterrand. Al quale creò un passato di militanza nella Resistenza ma anche, oscuramente, di vichysmo, di collusione col governo filotedesco di Vichy nella Francia occupata dalla Germania nazista. Séguéla prendeva atto che nel semipresidenzialismo francese il candidato pesa più del partito. Contemporaneamente, in questa apertura del radicalismo socialista all’ordine, veniva occultata, e anzi segretata, la volagerie del candidato, che aveva un’amante stabile con una figlia, non inconsueta a sinistra. Un buon candidato presidente, nei regimi elettorali plebiscitari, deve pescare a destra e a sinistra
Sarkozy è stato un candidato più difficile per Séguéla perché, giovanilista mezzo radicale, seppure di destra, sposato con una ex modella, era stato da questa abbandonato. Per un amante peraltro di nessuna attrattiva. Séguéla l’ha recuperata per la campagna presidenziale, con un congruo assegno. Dopodiché ha attoniato il presidente di ministre tutte rigorosamente di fascino, giovani e meno giovani, e di ministri giovanilisti transfughi dal partito Socialista. E quando l’ex modella, scaduti i sei mesi, chiese il divorzio, Séguéla s’inventò Carla Bruni: progressista per riequilibrare, ma ricca di suo e quindi indipendente, bella ma anche devota, amante e mamma, tutta presa dal suo ruolo al punto da sacrificare tutto al marito. Recitando sempre correttamente, seppure non convincentemente: non sgarra i tempi. E ora gli fa un figlio in tempo per la campagna elettorale.
La scelta, se si voleva, era anche facile: anche Carla Bruni è stata modella, e questo bastava per innamorare Sarkozy. Ma in più questa modella sente il fascino dell’età e dell’autorità – era famosa per aver fatto un figlio col padre del suo fidanzato, Jean-Paul Einthoven (entrambi, il padre del fidanzato e Sarkozy, li ha impalmati pressappoco alla stessa età, verso i cinquanta).
Carla Bruni potrebbe tuttavia non bastare: Sarkozy è un presidente talmente deludente che Séguéla ha sempre aperta la partita più difficile, la rielezione. Malgrado il matrimonio, il figlio in arrivo, la guerra a Gheddafi, e le continue visite a Angela Merkel il presidente uscente rischia di uscire malconcio dal primo turno – e anche, in dipendenza dalla campagna elettorale di Marine Le Pen, di non andare al ballottaggio. La propaganda in politica non è tutto – forse Mitterrad aveva più stoffa di quanto lo stesso Séguéla pensasse.
Non è quello però che pensa Séguéla. Cui si deve l’affondo, apparentemente insensato, contro il partito Socialista, con tutti i servizi mobilitati, o macchina del fango, contro Strauss Kahn come contro la Aubry, e ora François Hollande. La strategia di Séguéla è di ripetere la rielezione di Chirac. E cioè di lasciar fuori dal ballottaggio il candidato socialista, mandando al secondo turno destra e estrema destra. Con la sinistra nuovamente obbligata a quel punto di votare Sarkozy per scongiurare il pericolo Le Pen.
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