mercoledì 6 luglio 2011

Il rating (la speculazione) fa grande la Germania

Il disegno è trasparente, a un effetto dichiarato, con un timing perfino annunciato, e in un certo senso obbligato: abbattere l’euro, con la tattica degli Orazi e i Curiazi. Con guadagni spropositati a ogni mossa, e un premio finale di cui è difficile immaginare la dimensione. Benefici cui non si vede perché il mercato debba rinunciare. Le agenzie angloamericane di rating, che sono emanazione e socie in affari delle banche angloamericane, fanno il loro mestiere in questa ottica: com’è pensabile altrimenti che siano a premio i mutui sub-prime, gravati dalla quarta o quinta ipoteca, e spazzatura i debiti di due stati europei, Grecia e Portogallo – non l’Irlanda, perché l’Irlanda è parte del sistema angloamericano? L’obiettivo prossimo è scardinare la Spagna. Infine l’Italia, già costretta a pagare un interesse del 2,50 per cento in più dei titoli tedeschi.
Ciò che non si capisce invece è che difesa voglia fare l’Europa. O l’euro. O la Germania, che si penserebbe la potenza dell’euro. L’Europa non c’è: basterebbe un impegno della Bce sulle emissioni dei titoli di debito nazionali per calmierare i rendimenti, evitandone l’avvitamento sul Bund tedesco. Che, in teoria, in una moneta unica, non ha senso: un costo diverso, anche molto diverso, tra i vari titoli di Stato. Tenendo il timone saldo, sicuro, antiscosse. Con grande risparmio, monetario e di attenzione (annunci, rinvii, polemiche), sulle crisi ricorrenti. Che vanno a beneficio unicamente dei fondi e delle banche. È questo che non si vuole? Ma è possibile che sia solo stupidità.
L’Europa non c’è perché la Germania non la vuole, questa Germania a pochi ani dalla riunificazione. La verità è che la Germania non vuole fare nessuna difesa, la realtà cioè: ogni intervento programma a rate e a gocce, sapendo, lo sa anche l’uomo della strada, che l’interveto rateizzato è solo un invito alla speculazione. Nessuna soluzione globale è studiata, nonché non proposta. Le verità – la realtà – è che la Germania trae, da questo euro “sgranato” per via della diversa affidabilità del debito nazionale, un beneficio concorrenziale enorme sulle altre economie europee, dalla Francia in giù – anche il debito francese deve pagare un premio sui titoli tedeschi.
Si dice la Germania incapace politicamente. O condizionata da un’opinione pubblica contraria a “pagare per gli altri”. La verità – la realtà – è che la Germania già “paga per gli altri”, seppure a vuoto. Ma questo in termini contabilistici. A una sommatoria reale la Germania non paga e anzi ci guadagna: in termini di stabilità sociale, d’incrementi possibili di produttività, di crescita economica, di riduzione del rapporto deficit\pil. La Germania di oggi (di Berlino, riunificata) è molto diversa da quella di vent’anni fa, di Pöhl e Tietmeyer, che creava l’euro.

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