Ha titolo a Re del Mondo il primo legislatore universale, Manu. Mina o Menes per gli Egizi, Menw per i Celti, Minosse per i Greci. E perché non Manitù per i Pellirosse?
I simboli possono perdere? Evidentemente sì, se ci si smarrisce Guénon, l’orientalista poi mussulmano, che ne è il massimo esperto. Si legge questo “Re del Mondo” come una favola, seppure arzigogolata. Senza morale. È del resto il libro più ristampato della pur popolare Piccola Biblioteca Adelphi, quasi venti volte (“L’esoterismo di Dante”, successivamente tradotto e da qualche tempo in catalogo presso lo stesso editore, di cui questo “Re del Mondo” si vuole una lunga nota, non è invece praticamente letto).
Dunque, ovunque c’è un Re del Mondo, o Melchisedec, o capro espiatorio. Una Pietra Nera. Una Shekinah, presenza reale della divinità. Un Pontefice. Il Santo Graal, senza del quale non c’è tradizione, e quindi vita. Un Mondo Sotterraneo, o Varuna o Uranos – senza contare che ne parla Varrone… Che è anche Omfalos, comunemente inteso come ombelico o pene eretto, oppure Polo, da cui l’Apollo iperboreo?, o Montagna – l’Inferno diDante è “la«montagna polare» di tutta la tradizione”. Una Terra Santa. Spesso un regno ubiquo del Prete Gianni, da intendersi san Giovanni, quello del Vangelo per intellettuali, un po’ apocalittico e orrifico. E una “Età Nera” o “Età del ferro”, che ci tiene soggiogati da seimila anni.
Detto così sembra ridicolo. Ma non c’è altro modo. Uno dei libri del dopoguerra (1958) intesi a recuperare (esorcizzare, generalizzare) la svastica, anzi lo svastica, nella simbologia “occidentale”, ex indo-europea, per il pruriginoso sottinteso riferimento al simbolo nazista. In cui inevitabili confluiscono la Bibbia, la Cabala, la Massoneria, i Templari, i Rosacroce, e talvolta Zarathustra o l’islam duodecimano (non qui). Un’altra vittima della globalizzazione, la simbologia indo-qualcosa, ora che gli studi escono in Asia fuori dall’ombrello europeo, simbolico o dichiarato che sia.
René Guénon, Il Re del Mondo, Adelphi, pp. 112 €9
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