Sembra la solita vendetta d’imprenditori falliti, quella che tira in ballo Penati, la punta di diamante dei Ds ora Pd a Milano. Forse per questo lo scandalo è sottovalutato dai grandi giornali della questione morale, a partire dal “Corriere della sera” e dal “Fatto Quotidiano”. In realtà Penati, e i Ds-Pd milanesi e nazionali, sono da tempo al centro di uno scandalo ben documentato, anche se occultato con applicazione e scienza. E denunciato da Albertini nel 2005, quand’era sindaco della città, alla Procura di Milano, dove ha presentato la denuncia direttamente nelle mani del procuratore Capo Borrelli e del suo vice D’Ambrosio, e alla Corte dei Conti. Senza che i due consessi abbiamo effettuato il minimo atto istruttorio. Nemmeno contro Albertini, imputabile allora di calunnia.
Penati, presidente della Provincia, aveva acquistato azioni inutili della Serravalle, la società autostradale di cui la Provincia è comproprietaria col Comune di Milano, da Marcellino Gavio, socio di minoranza. Pagandogliele 9 euro, contro i 3 del valore di carico. Poi Gavio aveva messo 50 milioni nella cordata Unipol per l’acquisto di Bnl. Tutti sanno come realmente sono andate le cose, ma ma questa parte della vicenda è pubblica e documentata.
C’era la truffa aggravata. E anche l’abuso d’ufficio, la decisione essendo stata presa da Penati in giunta, cioè tra compari politici, senza investirne il consiglio provinciale. Era stata anche eseguita da Bruno Binasco, semplice collaboratore di Penati all’epoca, che ora è indagato per finanziamento illecito allo stesso Penati. Ma per puro caso: la Procura di Milano non ha esperito alcuna indagine sulla circostanziata denuncia di Albertini. Non un mitomane o un anonimo, il sindaco di Milano.
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