Il “Corriere della sera” dichiara Tremonti corrotto: appalti in cambio di tangenti, sotto forma di “affitto pagato”. Schierando, oltre la gola profonda Sarzanini, il severo ambasciatore Romano. Per caso lo stesso giorno in cui si materializza il terzo assalto al debito italiano.
O il caso non c’entra: il “Corriere” è il solo giornale che accredita come credibile l’ex muratore Di Lernia che a Roma legge il giornale al Procuratore della Repubblica Paolo Ielo. E Romano non è sciocco, non si muove per niente.
Tremonti aveva spiegato in dettaglio già venti giorni prima come utilizzava la residenza a ridosso del Parlamento e come pagava. Mettendo in imbarazzo perfino Ielo, un reduce irreducibile di Mani Pulite, ma non il giornale di Milano.
Davide Tenerani, sui 25 anni, ha ucciso a coltellate, quindi con determinazione, un uomo di 27 anni, padre di un bambino, e senza motivo, se non l’aggravante forse dell’alcol. Ma dopo cinque mesi è a casa, graziato dal giudice della Spezia, Diana Brusacà. Con un provvedimento di scarcerazione che riconosce i presupposti per tenere in carcere Tenerani: la reiterazione del reato e l’inquinamento delle prove. Ma vuole sfidare le nuove leggi sulla scurezza del governo. Avvalendosi subito della sentenza della Corte Costituzionale che ha cassato l’obbligo della carcerazione per gli assassini.
Del provvedimento del giudice Brusacà si legge solo sui giornali moderati. I grandi quotidiani non ne parlano. Come della sentenza di Basiglio del giudice Forno. Se ne vergognano? C’è una disposizione superiore di non parlarne? Si sa che i giornali si muovono in pool: i grandi giornali, quelli di sinistra, quelli di destra.
Il Procuratore Capo di Milano si fa un bilancio dei propri uffici, e assicura che il costo delle intercettazioni è diminuito nell’anno della sua gestione del 40 per cento, senza “incidere sull’attività di accertamento”. Ma non dice, né indaga, perché prima le intercettazioni costavano il 40 per cento in più.
Non è la prima volta che la Lega vuole i ministeri. Già Maroni aveva aperto una succursale dell’Interno, nientemeno, a Milano nel 2003. In precedenza la pretesa era stata avanzata dal sindaco berlusconiano Albertini, al grido: Se Roma è la capitale, Milano è il capitale”. Di nuovo c’è ora che Napolitano vuole sbolognare il governo. Per una grande coalizione. Senza parere. A piccoli strappi. Si può dire che è Napoli che muove Milano? È un caso di comunione d’interessi.
Berlusconi è triste da qualche tempo. Nemmeno la televisione lo stimola più, apparire – per non dire delle troie, fa un estate di continenza, il compagno Zappadu ha dovuto ripiegare sulle statue. Si pensava la depressione causata dalla sconfitta alle elezioni nella diletta Milano. E invece no: a tutti, anche a Lino Banfi, confida che è triste perché l’hanno costretto a pagare il salatissimo riscatto a De Benedetti. Che, intascato il malloppo, non lo libera. Una vera ghenga di gentiluomini.
Franceschini e Di Pietro obbligano i propri deputati a dare il voto segreto con un certo dito, per farsi riconoscere. Controllati dalle telecamere, pubbliche e private.
Fini, che è il presidente della Camera, dice che questa è “una libera manifestazione della volontà”. Il che è possibile, perché l’uomo è ignorante: può non sapere chi era Stalin e com’era protetto il voto segreto in Unione Sovietica – per alzata di mano. Ma l’ex presidente della Camera Napolitano?
Diego Della Valle è sempre stato alleato di Moratti contro la Juventus. Da provinciale devoto, asservito a Milano. Anche se gli uomini di Moratti nel 2006, Guido Rossi e Borrelli, hanno picchiato duro sulla Fiorentina, dopo la Juventus e il Milan. Bloccandone il famoso rilancio alla partenza, la maniera più efficace di tagliare le gambe a un concorrente o intruso.
Ora Mr Tod’se ne risente. Dopo cinque anni. Con un argomento lapalissiano: “Due società non possono avere trattamento diverso per comportamenti analoghi”. Vuole poter lasciare la Fiorentina fingendosi offeso?
Il giovane Agnelli vuole fare causa a tutti per conto della Juventus. A tutti meno che ai napoletani che hanno affondato il suo club: l’ufficiale dei CC Auricchio e i giudici Narducci (persecutore dichiarato) e Beatrice. Scaramanzia (meglio non toccare Napoli)? Paura dei carabinieri?
Si giudica a Napoli una società di calcio, la Juventus, che è stata indagata con intento dichiaratamente persecutorio:
- mirato, con anni d’intercettazioni costanti, elaborate
- esclusivo: escludendo ogni altra notizia di reato emersa nelle contingenze.
- distorto: con una lettura parziale, per ciò stesso falsata, dei fatti.
- organizzato: con indiscrezioni pilotate a giornalisti fidati, al “Mattino” (Orfeo) e alla “Gazzetta dello Sport” (Palumbo)
Perché si giudica? Che giudice o giustizia sono quelli che accettano un simile processo?
Dove è finito lo scandalo dei due impiegati Mediolanum che si chiedevano per e-mail: “Quando avremo la Finanza in casa?”, dopo che l’azienda era stata oggetto di un accertamento dell’Agenzia delle Entrate. E-mail sospette, a parere del colonnello della Finanza Tomei e del giudice Robledo, che ne hanno avvisato il “Corriere della sera”. Il 14 luglio. Prima ancora di aprire un procedimento: non era la conferma che c’era una talpa alla Guardia di Finanza?
Poi il 15, o il 16, la prevista promozione del generale Adinolfi a capo dell’Arma è saltata. L’obiettivo talpa è stato raggiunto?
La Camera vota l’arresto di un deputato berlusconiano colpevole, agli atti, di niente. Mentre il Senato evita l’arresto a un esponente Pd colpevole accertato, agli atti. I giornali di regime dicono esultanti che è la fine di Berlusconi. Ma i loro lettori evidentemente sanno leggere. Perché è su questa giustizia che l’incredibile Berlusconi si regge.
Woodcock sollecito manda a Milano anche le virgole delle chiacchiere, all’orecchio assoluto dei colonnelli della Finanza (due e-mail innocenti d’impiegati Mediolanum, l’affitto di Tremonti, etc.) Mentre non manda a Roma le sue inchieste su Roma, un atto palese d’illegalità. Protetta, bisogna dire dal Csm, cioè del presidente Napolitano, la napoletanità c’è e lavora.
Da buon napoletano Woodcock sa chi comanda: è Milano. Nelle vesti del vice Procuratore Francesco Greco, primo napoletano della capitale morale.
Non ci ha messo molto De Magistris a nominare assessore a Napoli il giudice Narducci, e il giudice ad accettare la nomina. Uno specializzato a dare la caccia ai berlusconiani (e agli juventini), di preferenza che ai camorristi. Anche ai nemici dell’onorevole Bocchino.
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