Dismessi come divertissement di due giovani allegri, lo psichiatra Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, il copyright del titolo pare sia di Wodehouse (ma se “i porci hanno le ali” è quesito già di “Alice”) i “Porci” hanno sanzionato per il largo pubblico cnquant'anni fa, nel 1967, la stagione del linguaggio crudo dell’eros. Che si può dire la novità del Sessantotto. Ben prima di Pasolini col “Petrolio”.
Le prime scatologie pubbliche erano venute da Dacia Maraini, più circoscritte e meno esplicite ma con un lui che s’intendeva Moravia. Esperienze oltraggiose aveva immaginato-sperimentato la casta Ingeborg Bachmann, in un certo senso anch’essa romana, rimaste però inedite fino a fine secolo, poi raccolte nel “Caso Franza”.
È stato un ciclo breve, anche al cinema, di un decennio. Philip Roth e “Il lamento di Portnoy”, che aveva “liberato” la masturbazione, è del 1969. Poi venne Parise col kamasutra insistito dell’“Odore del sangue”. Il sesso non si presta alla trasposizione diretta, in parole o immagini, se non come pornografia. A differenza di altre cose indicibili, il sangue, la violenza dettagliatamente fisica, la malattia degenerante.
Marco Lombardo Radice-Lidia Ravera, Porci con le ali
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