L’ha proposto Berlusconi, lo propone Bagnasco, e le prime elezioni che si terranno in Sicilia, cassaforte della Udc, diranno se è la scelta anche degli elettori: Angelino, nomen omen, Alfano è stato messo in pista per annunciare la nuova Dc, per ora sotto forma di partito Popolare. Il passaggio più significativo è l’endorsement a scatola chiusa del cardinale, nonché del suo bellicoso segretario, monsignor Crociata. Ma non basta: toccherà alla Sicilia avallare il nuovo corso, oppure confermare finito il ciclo del Pdl, dopo lo scrollone di Milano, che si presume esprima il più grande voto lombardo – come sempre, decidono elettoralmente, e quindi politicamente, le due regioni più popolose.
Nulla però sarà come prima dopo la mossa di Berlusconi, in entrambi i casi, che Alfano si riprenda il voto Dc, oppure che fallisca. In questo secondo caso i liberalrepubblicani e i socialisti del Pdl, gli elettori naturalmente più che gli eletti, potrebbero aprire nuove diaspore, verso il centro di Fini-Casini-Rutelli, o verso il partito Democratico. Una terza ipotesi si fa: che Berlusconi abbia lanciato Alfano subito dopo la sconfitta di Milano per operare poi, in caso di fallimento, un recupero personale prima delle politiche nel 2013. Ma è la meno fondata: a quel punto, dopo il voto di Milano e della Sicilia, ci sarà solo da raccogliere i cocci.
La gara alla leadership del Pdl, finita la gestione laica di Cicchitto, Bondi e Verdini, era com’è noto tra Scajola e Alfano. Il ministro s’è imposto perché va il giovane e bello, e perché è intemerato. Ma era un ritorno alla Dc. Il Grande Centro i vescovi se lo fanno sulle ceneri di Berlusconi, non più con Casini, Rutelli e Fini. Non abbandonano Casini, ma non si fanno più illusioni su di lui, con i Buttiglione, Cesa, Follini, mentre puntano molto sul Pdl senza Berlusconi - in fondo, sono già vent’anni che ne aspettano la morte, di Berlusconi.
La decisione di Berlusconi, poi avallata dai vescovi, era stata peraltro propiziata dal deciso intervento dell’“Avvenire” per una “fase nuova” della politica. Non più morale, o più sociale, ma nel senso di “cantiere della ristrutturazione di partiti e alleanze”, pescando “nel nostro associazionismo, nel volontariato, e nelle parrocchie”. E dalla giunta delineata da Pisapia dopo il successo al primo voto, confermata dopo l’elezione, che reintroduce l’arcivescovado al governo della città: vicesindaco, con delega all’istruzione, è Maria Grazia Guida, direttrice della Casa della Carità di don Colmegna, assessore alla Sicurezza e alla Coesione sociale è Marco Granelli, dipendente della Caritas, presidente della CsvNet, il coordinamento dei servizi per il volontariato, assessore al Bilancio Bruno Tabacci, l’ultimo presidente della Lombardia venticinque anni fa. Il primo atto pubblico della nuova giunta sarà tra un mese la Settimana della Famiglia, per la quale è atteso infine a Milano il papa: Pisapia passa la maggior parte del suo tempo con la presidenza della Fondazione per la Famiglia. Mentre si attende il rilancio della imponente Fondazione Toniolo (Gemelli, Policlinico).
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