martedì 19 luglio 2011

Roma società aperta

“I Romani non mostrano alcuna forma di preoccupazione per la purezza razziale. E come potevano?” Formidabile k.o. mentale a tanta erudizione latina anteguerra, prima ancora che erudito – Syme aveva già pubblicato il “Tacito” col quale divenne famoso – e storico. Il fatto – l’irrilevanza delle origini, etniche come sociali, per la classe dirigente romana – è perfino poco documentabile perché del tutto assente come questione a Roma e quindi negli scritti che ce ne sono rimasti: si accedeva naturalmente, normalmente, ai posti di responsabilità per capacità politica. Roma era la prima “società aperta”, Syme perfido prospetta a Popper che non ne aveva tenuto conto: “Era il valore individuale che contava, non la razza o l’origine”. Una seconda perfidia è nel raffronto con le élites coloniali spagnola e britannica, così povere a petto dei Seneca, di Traiano e gli Antonini, di Adriano. O di Marziale, Quintiliano, Columella
Ronald Syme, Tre élites coloniali

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