Un voto contro un deputato del Pdl e uno a favore di un senatore del Pd. E contemporaneamente un’insubordinazione a Bossi. Che però potrebbe non esserci stata o essere un gioco delle parti tra Bossi e Maroni, non è la prima volta. Ma il fatto è indubbio: se è dubbio che la Lega si sia frantumata, indubbio è che ha rotto con Berlusconi, e viceversa. Niente sarà più come prima tra i due alleati residui del centro-destra.
Alfano è uscito euforico della giornata delle opposte votazioni. Il neo segretario Pdl ritiene infatti il suo compito, di compattare e rilanciare il Pdl, fortemente facilitato dallo sgambetto della Lega. Anzi, a suo dire, praticamente “risolto”.
Non è possibile che la Lega si sia divisa tra Bossi e Maroni perché non c’è materia, su questo il giudizio è unanime: la Lega non ha nessuna consistenza ideologica o programmatica. Tanto più ora, che dovrà dire addio al federalismo di cui aveva fatto la sua carta d’identità in questa legislatura. Ma l’offensiva del partito di Berlusconi è ora, più che nel 1996 e nel 2001, contro la Lega più che contro Casini e Fini: un forte recupero del voto smarrito dietro la Lega soprattutto nelle province venete, abbandonando il fanfaronismo sugli immigrati, la sicurezza, i meridionali.
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