mercoledì 13 luglio 2011

Secondi pensieri - (73)

zeulig

Anima - Gilgul, o Tiltel, da cui Toledo prese il nome, via Tuletula, l’equivalente ebraico dell’anima, è andare vagando. La resurrezione della carne è venuta prima, tra gli stessi padri del cristianesimo, dell’immortalità dell’anima, tardo recupero platonico.

Il corpo certo ha un’anima, estetica per gli antichi, magica per i primitivi, spirituale e perfino filosofica per i mistici. Deve averla: secolarizzato (nel sesso, nella ricerca), vibra meno di una partita di calcio, e non elimina le tossine. Per i pittori, gli artisti, i fotografi, gli artisti dell’immagine, il corpo racconta (meglio) l’anima – la quale non si sente, non si vede, non si annusa, senza corpo. Il freddo all’anima è la morte, dice il medico matematico Cadano, “quasi carneficina hominum, angor animi”. Anche secondo Montesquieu : “L’anima non sente il dolore, ma una certa difficoltà di esistere. Il dolore è un male locale che ci porta al desiderio di vederlo cessare: il peso della vita è un male che non ha sede particolare e ci porta al desiderio di veder finire la vita”. Bisogna dunque avere l’anima.

L’anima è tutto per il suo maggior teorico, James Hillman, anche se “è una prospettiva piuttosto che una sostanza, un punto di osservazione sulle cose piuttosto che una cosa in sé” (“Re-visione della psicologia”). Perché il tutto è “soggettività”: l’unica oggettività permessa “è quella dell’occhio soggettivo rivolto all’interno, verso se stesso, che guarda il proprio sguardo”. La sua anima è l’antica psiche o anima mundi.
Ma “fare anima” (il mondo per John Keats, dalle “Lettere”) era per Hillman agli esordi (“Il suicidio e l’anima”) niente più dell’essere-per-la-morte di Heidegger, un mondo in relazione elettiva con la morte, in una costante invincibile pulsione suicida. E sarà nell’opera per cui è celebre, “Re-visione della psicologia”, una psicopoiesi negativa. Una creatività intesa a coltivare, approfondire la “depressione” o disperazione che è il proprio della condizione umana: La vera rivoluzione a favore dell’anima comincia nell’individuo che sa essere fedele alla propria depressione… Attraverso la depressione noi entriamo nel profondo, e nel profodno troviamo l’anima. La depressione è essenziale al senso della vita. Inumidisce l’anima arida e asciuga quella troppo umida… Fa ricordare la morte”. Hillman ha voluto “oltrepassare” Nietzsche nell’“approfondimento della soggettività”, del nichilismo filosofico.

Complotto –È una presentazione della storia in quanto evento imprevisto e avverso, una sorta di laicizzazione del destino. Si diffonde con la secolarizzazione della storia perché ne rappresenta il meccanismo principale: è la storia che si fa contro i suoi presupposti e le sue attese, contro la logica – quando la logica è ridotta allo scientismo (buonismo, perfettismo).

Comunicazione – Le dissociazioni provocate dall’uso delle droghe indicano che la comunicazione diventa impossibile al di fuori dell’imprinting, dei codici stratificati riconosciuti. Anche a fronte di situazioni di fatto certe: riconoscere un’automobile per un’automobile, vedersi fuori casa o dentro casa. Anche la videosorveglianza costante degli interni provoca, è accertato, effetti dissociativi: il gesto più semplice, anche solo grattarsi, assume sensi intollerabili, sproporzionati.
Ciò può essere l’effetto di (può condurre a) due verità di fatto: 1) il privato è indicibile, 2) il rimosso è selettivo – anche se basta poco per bloccarlo o sbloccarlo, una semplice sensazione visiva.
La comunicazione (codici, leggi, affetti) può solo essere canonica. Convenzionale, seppure per imprinting, per lunghe, lente sedimentazioni.
Se non c’è comunicazione al di fuori dell’imprinting, di codici stratificati riconosciuti, un vero Grande Fratello sarebbe la sovversione totale.

Creazione – È un problema, per una mistica ebraica, perché è il problema del nulla. Che sembra anche logico: si crea quello che non c’è. E in effetti così è: s crea (anche) dal nulla. Ossia, c’è la creazione e c’è il nulla. C’è Borges e ci sono i suoi tanti amici, con i quali magari discuteva per giornate, e scriveva pure dei libri. C’è Napoleone e c sono i suoi baroni-generali, per non dire del suo esercito esecrato, straccione, ladro. C’è Leonardo e c’è la Gioconda, il modello, che non è nemmeno bella o affascinante di suo.

Freud – Contini lo dice a Nanni Filippini (in “La verità del gatto”, p. 195) “uno dei massimi scrittori viennesi del primo Novecento”. E di seguito aggiunge: “In fondo la fondazione della psicoanalisi è tardiva e involontaria, sorge dalla scrittura…”

Modernità – Si configura sempre negativamente. Anche in chiave “progressista”. Dall’inizio: Guénon disse, all’inizio del dibattito, che l’irruzione della modernità nel Cinquecento, con la scoperta dell’America o con la Riforma, in aspetto di razionalità, era dovuta a un colpo di mano architettato in segreto e, benché si sia poi convertito all’islam, fa testo anche per i non tradizionalisti. Questa modernità è antica, direbbe un Oscar Wilde.
Tutti i valori della modernità convergono del resto sulla buona morte – sulla morte.

La Nach Neuzeit di Romano Guardini che si è ribattezzata postmoderno, è ancora l’interregno tra il mondo cristiano, della storia come freccia, e qualcosa che ancora latita, un anticristo di cui non si sanno i connotati. Non il niente, che non c’è, ogni vuoto si riempie.

Tecnica – È straordinaria l’indifferenza voluta, aprioristica (l’approssimazione, l’incuria) con cui Heidegger la condanna. È come per l’istoricità, che invece apprezzava – e poi era Hitler che arrivava da Mussolini in aeroplano. Si può storicizzare prescindendo dalla storia, ma si può filosofare della tecnica (del mondo) prescindendone?

Trasparenza – È una delle parole chiave della contemporaneità, che è invece estremamente opaca. Nella sua espressione attiva, la politica compresa, e forse più che la ricerca e la produzione. E in quella riflessiva, la lettura del mondo e della stessa contemporaneità. È come se il nodo delle incertezze fosse cresciuto a dismisura, fino a ingombrare l’orizzonte, o tanti nodi si fosse moltiplicati, sotto l’ombrello di un’esigenza-presunzione di chiarezza, affidabilità, onestà - l’età dei diritti vuole la trasparenza (l’onestà è fuori moda).
Se ne è celebrata la lode nel caso di Wikileaks, che è invece un personaggio e una struttura tra i più segreti ed equivoci che si siano conosciuti. Se ne celebra la virtù nella rete, che invece, pur essendo un’estensione enorme del mercato e quindi delle aree di opportunità, per questo stesso fatto è regolato (controllato) da norme che non sappiano, in modi surrettizi. È il connotato primo e più labile di una civiltà radicalmente laicizzata, alla quale il male s’impone negandolo.

zeulig@antiit.eu

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