A quanto ammontano i fondi libici negli Usa, formalmente congelati e possibilmente confiscati, sul cui sblocco si sta trattando a Londra? La stima più attendibile li poneva a 35-36 miliardi di dollari all’inizio del conflitto a san Giuseppe. Sarebbe quasi la metà degli investimenti del fondo sovrano libico, la Libya Investment Authority (Lia). Mentre si sa per certo che, a parte Unicredit, un investimento a strascico dell’antica soggezione libica per la Banca di Roma (la finanziatrice dell’impresa di Tripoli nel 1911), la Lia ha praticamente immobilizzato tutta la sua liquidità a Wall Street e nella City. In casa, si direbbe oggi, dei suoi nemici.
Creata nell’agosto del 2006, sostanzialmente sulle spoglie della Lafico, il fondo d’investimento libico che s’è reso celebre a partire dal 1976, dall’investimento nella Fiat, la Lia è partita con una disponibilità dichiarata di 40 miliardi dollari. Dotazione che all’inizio delle ostilità si reputava raddoppiata, sui 75 miliardi di dollari. Con investimenti negli Usa per 35 miliardi. E con forti partecipazioni peraltro in Gran Bretagna. Nella Bp, addirittura con il 15 per cento, e nel gruppo Pearson (“Economist”, “Financial Times”, Penguin) le partecipazioni più sensibili politicamente. Un esito tanto più importante in quanto la Libia ha avuto rapporti stabili con Londra solo da fine 2007, quando fu perdonata da Blair per la strage di Lockerbie.
Il Lia ha puntato su Londra anche come centro direzionale. Tramite una finanziaria, Dalia Advisory Ltd, registrata nel 2009, che è il tramite tra la Lia e i gruppi finanziari internazionali. Dalia ha ufficio nel cuore della City, e Saif el Gheddafi tra i suoi consiglieri d’amministrazione.
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