Abbandonato da Msc, il gruppo svizzero più grande movimentatore di container del mondo, lo scalo trasbordo di Gioia Tauro doveva chiudere. Ora lo scalo ha rifatto un accordo su altre basi con la stessa Msc, che poi è l’armatore sorrentino Gianluigi Aponte, e il futuro torna roseo. Anzi ha fatto migliorare già i conti del primo trimestre, col traffico in crescita a due cifre. Ma questa è la situazione vista dal basso. Chi ne fosse informato attraverso i giornali di Milano, la stampa economica, il ”Corriere della sera”, la stessa “Repubblica”, saprebbe solo della cassa integrazione, in una prospettiva di rovina: mafia, indolenza, incapacità, tecnici mafiosi, assenteisti, lenti. Il che evidentemente è falso.
Non avrebbe invece sentito, l’eventuale curioso, e ancora non lo sa, che i problemi di Gioia Tauro sono nati dalla duplicità di Maersk, secondo grande movimentatore mondiale di container e socio della società di gestione dello scalo calabrese, Mct. In primavera Maersk abbandona Gioia Tauro, senza lasciare la società di gestione, perché ha l’offerta di uno scalo trans-shipment tutto suo a Vado Ligure, con la precondizione che abbandoni lo scalo calabrese. Un progetto tutto finanziato dal governo di Berlusconi, dal ministro Matteoli in persona, e dall’Unione Europea.
Il progetto di Vado non è contestabile, ognuno è libero di fare gli interessi suoi. Anche Maersk: il gruppo, essendo danese, ha pure diritto alla doppiezza, alla doppia morale – il suo sito vanta l’uso dei propri container in Liberia per i rifugiati della costa d’Avorio, il paradiso ha dunque assicurato. Non fosse per due motivi. Uno interno al progetto: due scali d’interesse pubblico non si possono fare concorrenza rovinosa. L’altro esterno: il successo di Gioia Tauro non è mai stato gradito al Nord - e non si vede perché se non nella prospettiva neo razzista che governa l’Italia da un ventennio.
Chi ne fosse informato attraverso i giornali non avrebbe letto nessuna considerazione critica sullo scalo di Vado Ligure. Il finanziamento pubblico è benvenuto. Non c’è intasamento, a mare e a terra, non c’è inquinamento, non c’è problema di costi, in Liguria già opera liberamente nei servizi manodopera immigrata, il sindacato chiude un occhio sui contratti. Gioia Tauro è invece quello che si sa: mafia, inefficienza, incapacità, sprechi. Lo scalo più efficiente del Mediterraneo non ha mai avuto tregua.
Il neo razzismo, intendiamoci, è quello morbido di Milano. Naturalmente non dichiarato, e anzi supererogatorio e ammantato di pietas - la coperta agli immigrati, la bottiglia d’acqua. Che non ha mai dato tregua al Sud, e più da quando impera incontestato sull’Italia e l’opinione pubblica. Per i demeriti del Sud e, con più violenza, per i suoi meriti. “Il Sole” con qualche cautela, il “Corriere della sera” senza freni, che ha anzi promosso commentatore di punta e best-seller della casa editrice, per il livore, l’altrimenti ignoto Gian Antonio Stella.
Dalle grandi imprese di costruzione di Catania vent’anni fa, a Italkali dieci anni fa, e a Gioia Tauro la guerra è stata costante, minuta, insidiosa. I quattro cavalieri sono scomparsi. Per Gioia Tauro l’altero Matteoli aveva prospettato ai politici calabresi un futuro di scalo turistico – giusto per dire che non sa nemmeno dov’è Gioia Tauro, e che non gli interessa. Non ci può essere una storia di successo al Sud – se non per qualche gelataio, in Sicilia, meglio vicino a Lampedusa.
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