È come se la sindrome Procuratori della Repubblica, superficiali, carrieristi, aggressivi, si fosse installata nella giudicatura. Nel caso di Alessandria, dell’ubriaco assassino di quattro giovani francesi, e in troppi altri analoghi, è evidente da più segnali l’atteggiamento provocatorio del giudice di fronte alla legge – la quale non vuole il carcere per un incensurato, che non mostri segni o abbia l’occasione di reiterare il reato.
Si è trovato un giudice per la liberazione dell’assassino in tempo reale, mentre normalmente gli accusati aspettano mesi per incontrane uno. Di fronte al quale giudice gli inquirenti, carabinieri e polizia stradale, hanno trovato opportuno tacere i precedenti di cui sicuramente le loro Note si servizio, se non il casellario giudiziario, sono pieni: Ilir Betim, l’assassino, no n è uno venuto fuori dal nulla. Costringendo il governo a ipotizzare un apposito ridicolo reato di “omicidio sull’autostrada”.
Si resta allibiti di fronte alla posizione della Procura di Alessandria, la sostituta Sara Pozzetti e il capo Michele Di Lecce: “Si tratta di una persona incensurata con una vita normale e un lavoro stabile”, si sono premurati di far sapere nell’imminenza del plurimo omicidio. Ma più deve preoccupare che si sia trovato un giudice che ha dato loro credito. La figura del giudice è quella del giurisperito pensoso che applica la legge con equità e rigore. Ma è falsa: il giudice italiano, che ogni tanto è stato o sarà Procuratore, è un piccolo politicante impiantato nella giustizia. Vendicativo – provocatore, ama definirsi.
mercoledì 17 agosto 2011
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