Una scelta quasi doppia rispetto a quella di Einaudi quindici anni fa (“Lettere ai contemporanei”), che tralasciavano la vita vissuta: metà degli anni passati in isolamento, in un rapporto di quasi clausura con Grace Frick, e non passionale ma di mutua assistenza – è questo il sogno-segno dell’ozio, l’assenza di passione? In un impegno progressista (pace, animali, antifascismo) ma su fondamenta conservatrici (famiglia, religione, antifemminismo). Embirikos, il solo amore documentato, tenta di sapere perché Marguerite ha preferito l’otium alla passione. Lei tenterà di ricostituire l’avventura in un rapporto senile.
Yourcenar avrà amato solo suo padre? È in questa a-patia che la sua vicenda straordinariamente trasgressiva diventa anche accessibile. Straordinaria la forza identitaria – oltre che intellettuale: la stima non rinnegata per Montherlant, Evola, etc.. Anche nella vicenda familiare d’origine. Un gigante. O, al femminile, una roccia. L’estrema sensibilità per la vecchia donna di servizio – che peraltro è sicura di non essere inopportuna, e anzi bene accetta, una volta che si confermi che la bambina è la scrittrice famosa. La rottura mai riconciliata col fratellastro, e con i suoi figli. Eccetto il minore quando questi le si riavvicina. Il legame ricostruito con le Province del Nord. Il rapporto faticoso, da vecchi malati, con Grace. La profonda religiosità, nel senso intimo del cattolicesimo.
Marguerite Yourcenar, Lettres à ses amis et quelques autres, Folio, pp. 930 € 11
giovedì 4 agosto 2011
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