martedì 30 agosto 2011

Il mondo com'è - 68

astolfo

Clericalismo – Le origini della democrazia contemporanea sono nella chiesa, e così i suoi difetti, sono nel clericalismo: voracità, parassitismo, invadenza, corruzione, rivendicazionismo (diritti), e l’odierno conflitto d’interessi (controllori\controllati, giudice\reo). È la chiesa che ha aperto e sperimentatola varie forme di governo dal basso, con una mobilità sociale senza precedenti e senza limiti. Ha sperimentato quindi anticipatamente anche le degenerazioni. Già dall’età della Pataria, dopo il Mille, se essa nacque, come sembra, come reazione alla corruzione dei costumi, nelle chiese e nei conventi.

Emigrazione e esclusione - Completata l’unità nel 1870, il governo di Roma, in cerca di nuove opportunità di benessere, avviò una politica d’incoraggiamento all’emigrazione verso l’Australia, paese dagli immensi spazi vuoti, bisognoso di manodopera. I risultati magri sono da attribuirsi sopratutto all’opposizione dei sindacati australiani, che volevano braccianti e non artigiani o specialisti. I sentimenti anti-italiani rimasero forti fin dopo la fine della prima guerra mondiale nel Queensland e nell'Australia Occidentale, dove diedero luogo a numerosi incidenti.
Le restrizioni divennero paralegali nel 1901, alla costituzione della Federazione delle Colonie. Il governo federale, benché il paese avesse una popolazione di appena 3 milioni e mezzo di abitanti, decise di limitare l’immigrazione, adottando la politica dell’ “Australia Bianca”. Questa politica escludeva l’accesso a gente di colore, e diede inizio a quella che poi divenne una sfrenata persecuzione degli aborigeni e degli asiatici, in particolare dei cinesi e dei kanaki. Ma il razzismo arrivò al punto di rifiutare immigrati dai paesi del Sud-Europa, allo scopo di mantenere inalterato il carattere anglo-irlandese della Federazione. Queste preclusione serpeggerà fin dopo la seconda guerra mondiale. Ma fino ai primi anni Venti ebbe il carattere di una vera e propria esclusione.
I primi problemi sorsero sul finire dell'Ottocento, perché gli italiani accettavano salari inferiori nelle miniere, in Australia Occidentale, e nelle piantagioni di canna da zucchero nel Queensland. Le liti durarono per un ventennio, finché alcune commissioni d'inchiesta governative stabilirono che il lavoro a basso costo nelle miniere era parte di un sistema di cottimo, che fu abolito, mentre per la canna da zucchero fu il sindacato ad abbandonare il terreno: solo gli italiani avevano infatti volontà e competenza per questa attività, che da allora è rimasta nelle loro mani.
Più gravi furono le ostilità nell'area di Griffith, una zona di sviluppo agricolo dove gli italiani, arrivati fra i primi all'avvio dei programmi di irrigazione, si mostrarono più efficienti degli altri assegnatari, in generale ex militari, che non conoscevano il lavoro nei campi. La tensione giunse al culmine alla fine della prima guerra mondiale, quando molti reduci sollevarono ufficialmente la questione dell'espansione italiana nella zona di sviluppo agricolo, e ne contestarono anzi la stessa presenza. La Water Conservation and Irrigation Commission rifiutò di registrare i passaggi di proprietà agli italiani, motivando il provvedimento con l’esigenza di riservare le aziende di bonifica ai nati in Australia e specificando che era contro l'interesse nazionale creare una comunità italiana nella zona di bonifica.
Le due comunità vissero per anni una vita separata. Gli italiani non erano ammessi nei club, nelle organizzazioni femminili e nella vita politica locale. Si ebbero anche chiese cattoliche separate per gli italiani e gli irlandesi. Finché la decisione della Water Commission non fu rovesciata in tribunale. Queste avvenne quando già la presenza italiana nell'area di Griffith era dominante. Dopo di allora si fecero sforzi anche ufficiali per introdurre gli italiani negli organismi sociali, agricoli, giovanili, femminili, e le due comunità cominciarono a mescolarsi.
Ma il peggio doveva ancora avvenire, ed ebbe per teatro le città minerarie dell'Australia Occidentale. Qui si ebbero numerosi scontri a partire dal 1918, al ritorno dei soldati dalla guerra. A Kalgorlie, nel 1934, ci furono due morti, una dozzina di feriti, e ottanta arresti. Gli italiani venero definitivamente allontanati. Poiché i minatori si rifiutavano di lavorare con immigrati dal Sud Europa, le aziende introdussero per i dipendenti un esame di dettato di inglese. Molti italiani persero il lavoro, e quelli che lo mantennero non rimasero a Kalgorlie a lungo.
Nel secondo dopoguerra, negli anni Cinquanta e Sessanta, un'altra ondata antitaliana si produsse sul tema dell'antimafia. Si disse che molte attività di pesca sulla costa, e il commercio degli ortofrutticoli, settori a predominanza italiana, erano nelle mani della mafia. Ma i sospetti sono caduti da soli.

Linea della palma - È ipotesi diffusa, e anzi opinione certa, da ultimo di Sciascia, che il malgoverno italiano sia opera dei meridionali, di siciliani e napoletani: la “linea della palma”, diceva lo scrittore siciliano, ha risalito la penisola. È possibile: sono meridionali in prevalenza prefetti e direttori generali, gli operosi cultori del non fare, e i settatori della legge inapplicabile, dettaglista, ogni giorno aggiornata, dalla Corte Costituzionale, ricettacolo di vegliardi paglietta partenopei, in giù. Ma, se sono decisivi, lo sono però da servi obbedienti: quando non servono, o diventano importuni, li buttano via – prima li buttavano i piemontesi oggi Milano.
Il problema vero è se serve lo Stato, e a che serve. Se serve, o quando serve, il meridionale viene liquidato senza residui, entità trascurabile. Il problema dell’unità è il problema dello Stato - non della comunità di lingua e di cultura, che c’era da secoli prima dell’unità, e anzi da millenni: se serve, appunto, e a che serve. Per una certa idea dell’Italia, fino al 1943, lo Stato serviva e fu creduto, anche quando traviava. La Repubblica ha cancellato l’idea e la funzione dello Stato. Minata non surrettiziamente dalla dottrina eversiva della chiesa, dello Stato quale semplice “provveditore di opere”. Su cui s’impianta la corruttela, grande e piccola, minuta, quotidiana. Una derivazione non obbligata, ma così è stato ed è – di questa ambivalenza, l’operosità eslege, si hanno tracce vistose nelle attività del vicariato a Roma e dell’arcivescovado a Milano, o nella mammella sempre turgida del volontariato o terzo settore.
Questa cancellazione materiale - o sostanziale - dello Stato potrebbe essere un primato della storia mondiale e della scienza politica: una società complessa e avanzata che prospera senza Stato. La salute, il bisogno e l’istruzione demandando alle istituzioni caritatevoli, dunque a preti e suore, di cui le vocazioni tornano a crescere, non ultimo per questa prospettiva manageriale. Ma c’è arrivata prima l’America Latina: “Il paese va avanti di notte, quando il governo dorme” era l’incipit di John Gunther, “Inside Latin America”, settant’anni anni fa

astolfo@antiit.eu

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