Vuole dimostrare che Vittorini non rifiutò “Il Gattopardo”, anzi lo considerò un buon prodotto commerciale, solo consigliando che l’autore lo rivedesse. Senza scandalo, lo studioso non si scandalizza, “Il gattopardo” non rientrava – e non rientra? - nell’asfittica letteratura che ha normato il dopoguerra, con l’intervento influente di Vittorini. Ma Vittorini sarebbe sempre e comunque da giustificare se non fosse stato, come Ferretti ancora all’epoca (il saggio è del 1989), una colonna del Partito – benché ne fosse uscito? Perché ridurre il comunismo a omertà?
È un concentrato – involontario? – di banalità industrial-culturali. Cos’altro pubblicavano nel 1956-57 Vittorini, Romanò, Antonielli etc. di “più abile” e “più determinato moralmente” (?) del “Gattopardo”? Col pregiudizio antimeridionale e il complesso (odio-di-sé) meridionale: Flaccovio deve presentare Tomasi di Lampedusa come il provinciale chiacchierone, “una simpatica e coltissima persona della buona società palermitana”. Col pregiudizio antimeridionale e professionale: Andrea Vitello è “il medico”, che “insidia” con “strategia epistolari” le operose, si suppone, redazioni editoriali, e dev’essere anche furbo perché “riesce” ad “arrivare prima” con la sua biografia di Lampedusa, prima di David Gilmour (chi è?), e di Camerana, Crovi e Grasso, che ancora ci devono pensare.
Gian Carlo Ferretti, Il Gattopardo rifiutato
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