I temi sono tardo-settecenteschi: il naufragio, lo stato di natura, il doppio. Ma l’entrata è bruscamente secentesca, con tre ossimori di fila. E un digesto dell’enciclopedia del Seicento è la scansione, una Scoperta delle Meraviglie: il Cannocchiale Aristotelico, la Prudenza, il Tenero, i Massimi Sistemi, il Teatro di Furio Camillo… Non come fatti di storia (erudizione) o temi critici, ma a mezza strada, come a una mostra didascalica, in cui non si esibisce che la didascalia del curatore.
Dov’è l’attrattiva dei romanzi di Eco? Nell’illustrazione dei temi sotterranei della cultura occidentale: lo scientismo, la cabala, il razionalismo imberbe? Ma non c’è trattatismo enciclopedico, mancano i riferimenti e le attribuzioni, manca del tutto la messa in quadro, sono quattrocento e rotte pagine di parafrasi. La parafrasi dunque attrae e non respinge, l’esoterismo volgare, dal “Nome della rosa” al “Codice da Vinci”.
Il romanzo è sul nulla. Il meridiano, il giorno sottratto. Ideato, chissà, sul “Giro della prigione” della Yourcenar, sulla crociera nel Pacifico. Un anticipo del posteron-hysteron del tunnel del Gran Sasso, l’inversione del tempo? Perché no, Eco si diverte.
Umberto Eco, L’isola del giorno prima
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