mercoledì 28 settembre 2011

Il mondo com'è - 70

astolfo

Australia-Italia – Gli italiani costituiscono in Australia la maggiore comunità nazionale di lingua originariamente non inglese. Anche se grande distanza dai britannici (inglesi, scozzesi, irlandesi), che al censimento del 2006 rappresentavano quasi la metà della popolazione. Gli italiani erano il 4,7 per cento. Sono cioè circa un milione, su una popolazione totale di poco più di venti milioni. Circa un quarto risultavano nati in Italia, e una cifra pari aveva almeno uno dei genitori nato in Italia. Di tutta la popolazione australiana nata all'estero il 6 per cento.
Gli italiani erano il 10 per cento della popolazione australiana nata all’estero al censimento di vent’anni prima, nel 1986. La proporzione si era ridotta in conseguenza dell’abolizione, dieci anni prima, della White Australia Policy, la politica dell’“Australia bianca”, che escludeva l’immigrazione di “non-europei”. Ora la popolazione australiana è al 90 per cento di origine europea e all’8 per cento asiatica. La popolazione indigena, inclusi i meticci, è stimata in mezzo milione.

Complotto – L’idea del complotto può dirsi una forma di gelosia, e la gelosia una forma di delusione, verso se stessi e quindi verso gli altri. Ingenera il sospetto una certa dose di ipocondria, in due forma. L’idea costante che gli altri tradiscono e vogliono il nostro male. E l’incapacità altrettanto costante degli altri e di noi stessi di essere all’altezza delle ambizioni, del desiderio. I fatti non hanno bisogno di interpretazioni, non se si vuole uscire dalla paranoia.

Facebook – È una piazza, ma somiglia a un cimitero. L’insostenibile esibizione dei proprio parenti, amici e conoscenti, gli uni accanto agli altri, di altre persone e gruppi, ha un precedente nei cimiteri. Anche la discrezione, il far finta di nulla, che accompagna la totale mancanza di discrezione, e anzi una sorte di esibizionismo, somiglia molto alle reciproche esibite lodi sepolcrali.
Da un cimitero virtuale è stato peraltro preceduto, il Memorial Grove online di una dozzina d’anni fa, nel quale si potevano seppellire e visitare elettronicamente i propri cari. La cui funzione è cessata in contemporanea col successo dell’album dei vivi.

Lampedusa – Tomasi di Lampedusa suona bene ma l’autore del “Gattopardo” non ebbe niente a che fare cin l’isola, né la sua famiglia. Che rimonta al Cinquecento, se ai primi del Seicento fu accettata nell’Ordine spagnolo di Santiago, su questo presupposto: la fondazione e l’edificazione del centro abitativo di Palma di Montechiaro nel 1637 “per opera e a spese, volontà e merito dei santi fratelli Don Carlo e Don Giulio Tomasi-La Restia da Ragusa, a mezzo di una colonia di seguaci e concittadini ragusani, e con il massimo esborso pecuniario detratto dalle immense ricchezze ragusane della loro madre ragusana Isabella La Restìa”. Lampedusa era già allora nome remoto, legato a Palma, della remota provincia di Ragusa.

Po e Reno – A cose fatte Engels plaudì all’unità d’Italia, in sintonia con l’Europa, che l’Italia celebrò come una festa, la sola rivoluzione riuscita e condivisa (v. “L’Italia unita consolazione dell’Europa - http://www.antiit.com/2011/03/litalia-unita-consolazione-delleuropa.html ). Con Marx condivideva l’apprezzamento per la Realpolitik di Cavour, che dal niente aveva ricavato uno Stato grande e nazionale
Ma sul momento la tattica di Engels e di Marx fu germanocentrica. Nel 1848, teorizzando l’alleanza necessaria della classe operaia con le borghesie rivoluzionarie, Marx ed Engels pensavano a una guerra contro la Russia a iniziativa della Francia e dell’Inghilterra. Dieci anni dopo l’asse antirusso e il fulcro rivoluzionario vengono da loro spostati in Germania. Nel 1859 Marx ed Engels pensano che un attacco di Napoleone III sul Reno porterà, con la guerra difensiva in Germania, a una rivolta centroeuropea contro la Russia, alleato della Francia. In “Po e Reno” Engels ipotizza che la Germania, attaccata sul Reno, si allea con l’Austria asburgica contro la Francia e il Piemonte. Marx e Engels sono al fianco dell’Austria nella Seconda guerra d’indipendenza.
Il saggio fu ideato da Engels ai primi di febbraio del 1859, quando era già certa la guerra tra Francia e Austria, e un mese dopo era già scritto. “Eccezionalmente intelligente” lo giudica Marx in una lettera il 10 marzo, e consiglia di pubblicarlo anonimo in Germania per evitare la “congiura del silenzio”. Così avvenne: fu stampato un mese dopo in Germania in mille copie, ed ebbe eco diffusa. In prevalenza favorevole, specie tra i militari. Tutte le recensioni misero in rilievo la giustezza delle considerazioni militari, sul presupposto che l’autore fosse un esperto di cose militari. Con una riserva, da parte dei grandi giornali conservatori, sulla convenienza, che Engels argomentava, da abbandonare i territori italiani. A metà maggio, un mese dopo la pubblicazione, “Das Volk” comunicava che l’autore apparteneva al partito dei proletari. Tre numeri più tardi, il 4 giugno lo sesso “Das Volk” faceva il nome di Engels.
Il saggio di Engels si basava sulla certezza che la Francia di Luigi Napoleone avrebbe attaccato sul Po e anche sul Reno. E ipotizzava una difesa comune fra gli Stati tedeschi e l’impero asburgico. Al saggio, e alla sua ricezione, sottostava una sorta d’identità comune, più che una comunanza d’interessi, tra Germania e Austria. La premessa è chiara, Engels parte dicendo: “Fin dall’inizio dell’anno è divenuto uno slogan di una grande parte della stampa tedesca che il Reno dev’essere difeso sul Po”. Uno slogan che Engels dice “giustificato” dai preparativi e le minacce di Luigi Napoleone (Napoleone III): “Si presentiva in Germania, con intuito corretto, che benché il pretesto di Luigi Napoleone fosse il Po, in ogni caso il suo ultimo obiettivo non poteva essere che il Reno”. Engels argomenterà estensivamente che non è necessario “mantenere” i territori italiani, ma sul presupposto che la Germania e l’impero austriaco fossero tutt’uno.
Un aspetto troppo trascurato del non-Risorgimento tedesco, che l’unità della Germania realizzarà contro l’Austria-Ungheria, prima che contro la Francia.

Rifiuti – Sono il segno dell’epoca: crescono esponenzialmente perché sono la connotazione principale dell’epoca. Quelli inanimati e anche quelli animati. Per primi i cosiddetti rifiuti umani, vecchi, storpi, folli, che l’eugenetica vorrebbe aboliti. Ma tutta la vita urbana è organizzata all’insegna dello smaltimento: tutto è zavorra da buttare periodicamente via. Si buttano via le origini e la famiglia, poiché prevale lo sradicamento. Si buttano via i valori, sempre aggiornati – c’è una borsa o mercato dei valori in continua altalena. È zavorra anche l’eredità culturale, o morale, o spirituale, che se sono vissuti è nell’insofferenza, la conoscenza volendosi proiettata sulla progettazione o futuro.

astolfo@antiit.eu

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