Un libro d'editore: tThere racconti minori ripropongono su carta il filone “Boccaccio 70”, inventato dai produttori di cinema cinquant’anni fa per sfruttare le frattaglie di Fellini e Visconti. Con poche sorprese. Camilleri ha i suoi soliti caratteristi simpatici, ed è patriottico, forse in chiave di centocinquantenario: nel suo racconto si lavora “per i borboni”, oppure per “il nuovo Stato”, minuscole e maiuscole comprese. Lucarelli ribadisce, anche troppo svelto, che Pinelli morì alla tortura della finestra, e che la stazione di Bologna la fecero saltare i servizi segreti. Anche la sua “Bambina”, la giudice del titolo, è radicalmente anticonformista - chissà che ne pensa Camilleri, se ha letto il racconto del suo coautore. Mentre De Cataldo si pone il problema della sapienza del male. Dopo essersi inventato il filosofo polacco d’America Lecinsky per dire che il capitale è mafia. C’era bisogno di tre scrittori di qualità per dire tutto questo?
In copertina Lorenzo Mattotti vede il giudice sobrio e pensieroso. Questo è un bene, si vede che non è mai stato in un tribunale. Ma così sono i tre racconti: il giudice è sempre buono, gli altri malvagi.
Andrea Camilleri, Giancarlo De Cataldo, Carlo Lucarelli, Giudici, Einaudi, pp. 151 € 11
lunedì 12 settembre 2011
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