Si parla molto in termini critici della manovra appena adottata, perché inadeguata e presto insufficiente, e non funzionale alla ripresa dell’economia. Ma senza dire che è una manovra europea, e anzi tedesca. Non è anzi la prima, e nemmeno la più dura.
Prima della manovra appena votata, da 50 miliardi, ce n’è stata una da 60 mila miliardi di lire del governo Prodi quindici anni fa, per consentire l’ingresso dell’Italia nell’euro alla partenza della moneta unica. E una da 93 mila miliardi di lire poco meno di vent’anni fa, nel 1992, varata dal governo Amato dopo la svalutazione della lira e la sua fuoriuscita dallo Sme-euro.
L’ultima manovra è, in rapporto al pil, appena un terzo, o poco più, rispetto a quella del 1992: prevede infatti una correzione dei conti pubblici del 3 per cento in due anni, contro l’8 per cento dei quindici mesi 1992-93. Resta da vedere se, come le altre due, anche l’ultima manovra non sarà risolutiva e quindi propriamente ultima.
A condizioni immutate non lo sarà: è nelle cose. Non si pagano i debiti con nuovi debiti. O riducendo il reddito disponibile – il rapporto debito-pil comunque si aggrava, al più resta inalterato rendendo vani i sacrifici. La ricetta tedesca non funziona.
Questo sito ha sempre spiegato che, in assenza di un parziale consolidamento del debito, l’Europa dell’euro non può funzionare. Non può crescere cioè, creare lavoro e reddito. Il consolidamento andava fatto prima, e questo è stato l’errore di chi l’euro l’ha voluto senza un previo risanamento-abbattimento del debito. Ora il consolidamento, seppure ridotto, andrebbe fatto con gli eurobond, le emissioni europee, se non altro per ridurre i costi dei rinnovi e delle nuove emissioni di obbligazioni pubbliche.
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