Umberto Santino, animatore del Centro Giuseppe Impastato, il primo centro studi sui fenomeni mafiosi in Italia, specie dei legami tra politica, affari e mafia, approfondisce qui il suo concetto di “premafiosità”. Che definisce come “quei fenomeni che mostrano come la violenza privata venga usata come mezzo di arricchimento e di dominio”. I fenomeni sono le grassazioni, l’abuso di potere, se non il terrorismo, la violenza generalizzata, e l’impunità garantita dal potere, compresa la stessa giustizia. Che Santino spiega attraverso il riutilizzo di documenti d’epoca, dal Cinquecento in poi, pubblicati ma inosservati: le lettere di Montalto, delegato fiscale a Palermo, a Carlo V, la giustizia privata, il brigantaggio urbano, il “teatro” dei Beati paoli, i “pugnalatori di Palermo”, e altre succose storie.
Lo studioso, che ai fenomeni mafiosi ha dedicato molte riflessioni da contemporaneista, in particolare ai legami mafia-politica da Portella della Ginestra e Lima-Andreotti, è ben attento a non cadere nell’anacronismo, che la storia fa tutta uguale. Sulla base del semplice presupposto: “Perché altrove fenomeni completamente o parzialmente assimilabili sono abortiti e solo in aree determinate hanno dato i frutti che sappiamo?” Nella domanda c’è una prima risposta: perché altrove questi fenomeni sono stati: 1) contrastati, 2) deviati, 3) canalizzati nella legalità. La risposta Santino cerca invece “nelle condizioni e nelle forme specifiche in cui si sono configurati i processi di transizione dal feudalesimo al capitalismo e di formazione dello Stato, e si è articolata l’interazione tra fenomeni criminali e dinamiche economiche e di potere”. Ma le mafie sono congruenti a queste dinamiche?
La premafiosità bordeggia, modernamente, tutta la storia del capitalismo, dell’Europa, dell’Occidente – anticamente e altrove, prima e fuori dello stato di diritto, tutta la storia. Il concetto cioè finisce all’omologazione, alla sterilizzazione della funzione politica - di governo, e di giustizia, o repressione. Circoscrivere non è in questo caso operazione ideologica, diminutiva della forza della mafia e quindi assolutoria e complice, ma di efficienza, di repressione efficace. Si studia la mafia per reprimerla, con la mafia la guerra è sempre aperta, circoscrivendo e non allargando, benché con realismo, il fronte. La premafiosità può servire come Santino la usa, come esame per (non) passare alla mafiosità.
Umberto Santino, La cosa e il nome, Rubbettino, pp. 248 €12,39
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