L’assunto principale, la frantumazione del Reich tedesco e la fine dell’ebraismo europeo, è contestabile, giacché né l’uno né l’altro sono finiti, e anzi sono ben vivi. Il punto di vista è perfino assurdo, benché non isolato: la guerra viene limitata ai fronti Nord. Una prospettiva irreale, che rende così possibile ipotizzare un ’44 ancora improntato alle attese di vittoria, con un seguito di false deduzioni sui comportamenti dello Stato Maggiore, le resistenze dei militari, l’inasprimento della Soluzione Finale. Mentre a tutt’altre conclusioni si arriva se si guarda al conflitto nell’insieme: la guerra era perduta già nel ’43, a Stalingrado e Alamein.
In particolare, lo schema di Hillgruber dovrebbe essere portato sul fronte meridionale, Italia e Mediterraneo (che lo stesso Rommel aveva perduto prima di perdere il Nord). Che bizzarramente invece si tende a porre in prospettiva contemporanea, sottovalutandone quindi il ruolo e anzi cancellandolo nel Gran Teatro della guerra. L’Italia era una grande potenza europea. Che a metà del 1943 aveva: 1) cacciato Mussolini e il fascismo, 2) dichiarato perduta la guerra. E ciò in presenza dei tedeschi: sarà stato opportunismo ma era coraggioso.
Il giudizio politico e morale – successivo quindi – sull’impreparazione italiana alla guerra, l’inettitudine dei comandi, l’inefficacia di piani e strategie, l’ambiguità della monarchia, non deve cancellare il fatto che l’Italia e Mussolini erano gli alleati della Germania. Questo è importante anche per l’analisi dei quasi due anni di guerra successivi al 25 luglio.
Andreas Hillgruber, Il duplice tramonto
venerdì 14 ottobre 2011
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