Se il debito un mese diminuisce, il governatore Draghi subito dice che è sempre eccessivo. Se la disoccupazione cala, il governatore Draghi subito ricorda che i disoccupati hanno meno di trent’anni. Se la produzione in qualche modo aumenta, il governatore Draghi subito ammonisce che l’aumento è inferiore alle attese. Non passa giorno, né ora del giorno, che il governatore della banca d’Italia non alimenti la sfiducia sui conti italiani. In altro regime il suo sarebbe un atteggiamento criminale, in presenza di una turbolenza monetaria ormai triennale: è come se il governatore volesse mandare l’Italia in malora, e non c’è bisogno di provarlo, lui sa quello che fa. Ma Draghi non è solo.
Il presidente della Repubblica Napolitano corona una onorata e perfino nobile carriera politica con messaggi altrettanto criminosi, quotidiani, anzi plurimi nella giornata. Quelli ufficiali e quelli ufficiosi, che i suoi uffici (“il Colle”, “il Quirinale”) fanno circolare con i giornalisti amici. Tutti intesi naturalmente a proteggere l’Italia ma in realtà utili a sbancarla – alla sensibilità politica di Napolitano, uomo per una vita in minoranza e all’opposizione, questo non sfugge.
L’atteggiamento criminoso non è dunque tanto delle persone, quanto delle istituzioni. È il linguaggio della Seconda Repubblica, costantemente eversivo, al massimo livello. Scalfaro ha stabilito il precedente, e le istituzioni si adeguano, il Quirinale, la Consulta, il Csm, la Banca d’Italia. Ogni istituzione si ritiene slegata dai vincoli costituzionali, e anzi legittimata ad agire contro l’Italia, per presunti interessi di partito, o di gruppo d’influenza o di cordata. Ciampi ha tentato di reintrodurre un sano concetto di limiti costituzionali, ma è stato presto trascurato.
Il governo è imbelle. Ma le istituzioni sono golpiste. Non c’è altra parola.
sabato 15 ottobre 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento