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Céline – In “Marinai, profeti e balene”, lo spettacolo di questa estate ancora in tour, Vinicio Capossela ha un “pezzo ispirato da «Scandalo negli abissi»” di Céline. Un allegrissimo swing, che è diventato anche il più popolare della copioso raccolta, una ventina di pezzi. In cui, tra foche barbute e nettuni tentatori, “Io la vispa Pryntil… perché sono una sirenaaa, canto in sirenese”.
È una raccolta atipica per un cantautore, di forte spessore culturale. Nei temi, tratti da Meville, Conrad, Céline, dalla jitografia biblica, via Ceronetti, e greca. E nelle musiche che li rielaborano, tra esse le trenodie “greche”, e perfino un canto processionale, per la Madonna delle Conchiglie. È un altro Céline, ironico e lieve, quello che il Dottore avrebbe voluto essere ma non poté.
In fondo Céline è stato effettivamente il marginale che lamentava – prima di diventare il capro espiatorio della Francia liberata. Le sue idee di balletto e teatro per bambini caddero sempre nel nulla. Ed è vero che chiedeva leggerezza e sorriso, il pezzo di successo di Capossela è riuscito proprio in questa vena.
“Abisso”, “abissi”, da F.T.Marinetti e Lukáks sono anche un’epoca. Che non è morta. Ernesto Ferrero, che ha curato l’edizione italiana venticinque anni fa (Il Melangolo), con i disegni di Emilio Tadini, di “Scandalo negli abissi”, dedicandola “a Giulio Einaudi con affetto”, insomma un’edizione curata, ne fa il momento dell’allontanamento di Céline dall’umanità nella misantropia, per avvicinarsi agli animali, se non al Quarto Vuoto. Composto nel 1943, tra una riedizione della “Scuola dei cadaveri” famigerata e la rassegnata fuga “collaborazionista” con gli odiati tedeschi, il balletto è un saggio di scoperta autoanalisi. Ma, prima di tutto, un estremo tentativo di Céline di essere quello che non potrà.
Germania – Celebrando von Kleist sul “Corriere della sera” Magris ricorda che visse “una delle più grandi, turbolente, rivoluzionarie epoche”. Comprese “la grande musica e la grande filosofia, Mozart Beethoven Kant Hegel, le nuove scienze dell’anima e del profondo, l’ascesa della sua amata Prussia”. Che è vero ovviamente solo in parte: più corretto è dire che Kleist, nato nel 1777, morto nel 1811, vive in parallelo con questa grandezza, l’influenza che caratterizzava la Germania era quella di Goethe – e Schiller. E contro questa Germania Kleist fu in aspra polemica. Meglio si può dire anzi che la Germania sarà a lun go, la parte migliore di essa, quella di Kleist – la parte migliore della parte peggiore.
Pessoa – Le “Lettere alla fidanzata”, esempio preclaro delle bizzarrie di Pessoa, ne segnano invece l’estrema normalità – vulnerabilità.
La breve ripresa dieci anni dopo del rapporto naufraga nella depressione di Pessoa, ne “l’onda nera che si sta abbattendo sul mio spirito”. Ma la depressione non è tutta paranoia. O la paranoia non è tutta suggestione. Pessoa aveva avuto molta fiducia nel suo amore. Sotto le specie di una ragazza di non altra virtù. Che voleva farsi sposare e s’inventava mille capricci. Poi è arrivata la famiglia dal Sud Africa. Poi il poeta ha dovuto fare tutto lui per la rivista. In tre mesi. Gli “affetti violenti”, se ne accorge lui stesso, invecchiano rapidamente. L’ultima lettera della prima relazione spiega tutto, didascalica: “L’amore è passato. Ma le mantengo un affetto inalterabile, e non dimenticherò mai, mai, lo creda, né la sua figurina graziosa e i suoi modi di ragazzina, né la sua tenerezza, la sua dedizione, la sua adorabile indole. Può essere che mi sbagli, e che queste qualità che le attribuisco fossero una mia illusione…”.
A prima vista Pessoa è uno che, per aver voluto essere, per dirla alla Álvaro de Campos, “l’uomo più perfetto – colui che con maggiore giustizia può dire «io sono tutti gli altri»” - si perde. E diventa uno che ha “visione astrale” e “visione eterica”.Ma questo è oggi pirandellismo volgare. Pessoa è un uomo solo, senz’altro, pur con così tanti amici. Vittima della ritenzione (impubblicazione), in parte autoinflitta: il creatore ignoto.
Sherlock Holmes – Dal particolare si va al particolare: è questo che fa il fascino dei suoi racconti, per ogni altro aspetto bislacchi: la varietà dei particolari. L’induzione non è una rilevazione statistica da cui poi zampilla, se accurata, la verità – la statistica è un piano amorfo. Il suo dono, sotto la veste scientista (propagata fino a U. Eco) dell’induzione, è la deduzione. La sua abilità è riempire il particolare di senso.
La causalità è empirica e non logica. Se non ex post, una volta individuato il particolare significativo. Lo stesso l’induzione: non è un quadro il più largo e esauriente possibile, basta anche un particolare, purché conclusivo, significativo.
Questo è logico, e non lo è. Non è logica la conclusione che dal particolare porta all’universale, dall’osservazione empirica all’idea. Ma può essere vera – e quindi in quanto tale logica.
È einsteiniano. Dell’Einstein gnoseologico: “Per quel che i teoremi della matematica hanno attinenza con la realtà, essi non sono certi, e nella misura in cui essi sono certi, non hanno attinenza con la realtà”.
Sicilia – È attrattiva più che stimolante: i soggetti siciliani sono stereotipabili, ma l’attrattiva è sempre vivace. Camilleri in Africa, dove pure ha sostanza e argomenti, non funziona. Simonetta Agnello Hornby, scrittrice di vasto e affezionato pubblico per ogni sua cosa siciliana, comprese le ricette di cucina, non funziona a Londra o a Oxford.
Umanesimo - “Biophilia” di Björk, l’ultimo album della cantante, è condito di natura, scienza e tecnologia, ma è vivo come un masso. Tutta l’umanità di questa donna, compresi i ruoli di adolescente al cinema, è sadica. Ma è letta come umanistica. Il nuovo umanesimo dev’essere mostruoso?
Per “Virus”, una delle canzoni, l’edizione app mostra un’immagine al microscopio di cellule attaccate da un virus. Il gioco interattivo dell’applicazione consiste nel bloccare l’attacco del virus. Ma riuscendoci la musica viene bloccata insieme col virus, per ascoltarla tutta bisogna che il virus distrugga le cellule.
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