Il re che tutto trasformava in oro, tremenda condanna, anche la ragazza che ha appena spogliato, s’incolla allo stesso metafisico drammaturgo, come un blocco placcato se non di oro zecchino. Dürrenmatt ha pensato Mida, al “decimo o undicesimo copione”, come l’industriale-tycoon che trasforma in ricchezza anche la sua morte, decretata dai soci a questo fine. E come il soggettivo e l’oggettivo della narrazione, che interagiscono col narratore. Formidabile. Ma come se ne fosse stanco, o anzi stufo – criticare il capitale in Svizzera dev’essere stancante. E più che una fine sancisce una rinascita, questo re Mida è una fenice.
Friedrich Dürrenmatt, Mida
martedì 18 ottobre 2011
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