mercoledì 19 ottobre 2011

Secondi pensieri - (78)

zeulig

Angoscia – È molto tedesca, anzi del tutto. È della Selva Nera: la radura heideggeriana è un alpeggio, l’angoscia vi nasce con le favole.
Heidegger - questa Europa, questo Occidente - pensa tedesco. In tedesco già dubitare, zweifeln, è un poco disperare, verzweifeln - così come soluzione, lösung, è subito redenzione, erlösung.

Bibbia – Dallo stesso ceppo due religioni agli antipodi: ebraismo e cristianesimo. Il dio manifesto contro il dio segreto, il dio di giustizia, amore, misericordia contro il dio della Legge, imposta a un popolo abbandonato, la fede trionfante e quella del popolo eletto abbandonato. Non c’è una prova interna al testo sacro? È la Bibbia bivalente? Può esserlo?

Conoscenza – È razionale (deduttiva) ma anche associativa, memoriale, onirica, desiderante (ottativa), progettuale, intuitiva. Se la si potesse compattare, in estensione, durata, profondità, e misurare con metro qualitativo, risulterebbe razionale in piccola parte, e questa quasi tutta pedagogica (ammaestrata) e non deduttiva (logica), a fronte delle innumerevoli altre sue fonti. Malgrado l’incidenza crescente che l’imprinting deve prendere con le generazioni, in forma di memoria storica e riflesso condizionato.

Dio – Se Dio, benché in tutto “assoluto”, non può che essere onnipotente, onnisciente etc., allora è schiavizzato, seppure da se stesso. Dovrebbe poter essere anche minimal.

Dio nella Bibbia altro non esige che giustizia e amore, e che l’uomo tratti umilmente con lui. Senza disperare, il divino non conosce cicli ma epifanie. Basta restare vicini all’assenza di Dio, vigili – che non è bestemmia, è la fede.

Filosofia - Picasso, o meglio Cézanne, ha mutato l’approccio: l’artista non guarda da fuori, per riprodurre ciò che vede in prospettiva in uno spazio tridimensionale, ma si colloca al centro dell’immagine, di cui riproduce le di-mensioni in piano, secondo un punto di vista multiplo. Dal suo punto di osservazione al centro deve vedere una calotta sferica, che gli fa ovviamente girare la testa, né sta fisso in quel punto, ma ogni cosa può vederla e riprodurla da sinistra o da destra, davanti o di dietro, o di tre quarti, da sopra o da sotto. La stessa cosa Heidegger ha fatto per la filosofia. Ma così l’autore diventa creatore, dominus assoluto perché indefinito, astratto. Seppure in fieri, al modo del Dio di Malebranche, che si fa a pezzettini. Si potrebbe perciò dire anche Dio, mentre talvolta è un bombarolo.

Pensiero – L’autore-creatore è quando pensa. “Un po’penso, un po’ sono”, diceva lo stimato Valéry, che quindi non pensava quando era.
Essere, cioè scrivere, parlare, dire aforismi. Ma si è se si pensa, il resto è lasciarsi andare. Ha detto bene Hannah Arendt per l’ottantesimo di Heidegger: “Il pensiero allontana le cose vicine, o meglio si ritrae dalle cose vicine e avvicina le cose lontane”. Bisogna pensare. Già Klopstock lo sapeva, che diceva: “Generalmente in una buona poesia il non detto va avanti e indietro, come fanno gli dei nelle battaglie di Omero, che pochi riescono a scorgere”. Anche in una brutta poesia, provoca un’acidità fortissima, immune all’alka-seltzer.

Religioni – Sono affini alla matematica: si costruiscono secondo una logica interna, in sé e per sé.

Secolarizzazione - Da quando abbiamo ripudiato o perduto le nozioni d’infinito e di mistero, dell’invenzione del divino e d’ogni altra potenza d’immaginazione del cuore, in questo tempo veloce che in realtà non è tempo, respiriamo male. Cioè respiriamo a misura della routine sociale e di lavoro, il corpo s’adatta, anche gli affetti sono di routine, anche il cuore s’adatta, ma con l’orizzonte basso e il cielo grigio, e in apprensione come gli asmatici. Non si può essere Amleto senza uno Shakespeare che lo faccia morire. Non l’Amleto dei metafisici, no, quello che vede, sa, capisce e non approva, ma non riesce a reagire, ad agire.

“Dalle mie vili bontà il mio coraggio è confuso”, è l’Andromaca di Racine, che non è confortante. To be or not to be è esserci, fare la propria parte, la cosa giusta. L’impossibilità di essere non è metafisica, è sociale, politica, letteraria.
Dobbiamo a due ebrei, che sono per definizione spregiatori del mondo, l’amor mundi residuo, a Hannah Arendt dopo Spinoza. Mentre i cristiani conquistatori dell’umanità si dissolvono nella teologia negativa. Finendo come non voleva sant’Agostino: “Quaestio mihi factus sum”, sono diventato il problema di me stesso. Opportunamente san Giovanni fa chiedere a Cristo da Nicodemo nel suo vangelo: “Come può un uomo nascere quando è vecchio?”

Storia - Spesso si rovescia, contro chi la fa.

Verità - La verità in Omero - quando ancora si pensava - è dire le cose. Una testimonianza. È parlare, comunicare: una confessione, una denuncia, una rivelazione. E scoprire la verità è scoprirsi.
È la prima parte, lo svelamento, l’alètheiadi Heidegger. Poi viene la verità comunicazione: la delazione, l’anticipazione. Compresa la verità della menzogna, o menzogna della verità. La simulazione. Del pensiero, avverte Platone alla Lettera VII, fa parte l’indicibile – e talvolta, è da presumere, l’impensabile. E bisogna parlare: Alètheia è verba dicendi, anche Wittgenstein ha la sua parte.
“Vero” può essere soltanto di una frase, di una parola. Una circostanza, una cosa in sé e per sé, non può essere mai né vera né falsa: verità non è sinonimo di realtà.

“Il domandare è la pietà del pensiero”, dice anche Heidegger. Sì, fanno pietà, il pensare e il domandare - rituali, se tutto è noto. Schiudersi, invece, è la parola, Entschlossenheit, e decidersi: “La risolutezza è la sigla autentica dell’essere autentico. Non il per che cosa e il contro che cosa si decida, ma il fatto che ci si decide”. Bene. La triplice Aufhebung: abbattere, conservare, elevare insieme. Alètheia è svelare, togliere dal nascondiglio. E dire la verità non significa dire le cose in quanto sono, ma indica l’atto di scoprire e comunicare un fatto del quale si è a conoscenza. Non c’è qualcosa come una buona coscienza, ha ragione il Filosofo, la coscienza è sempre in atto con le cose del mondo, con loro si fa buona e cattiva.

Persiste lo stupido errore che la verità pone al termine del pensiero: più penso e più so. Mentre pensare non porta a nulla, la verità, se c’è, quel poco che c’è, è all’inizio della riflessione. Per questo la verità si dice nuda, la filosofia l’ha sempre saputo, che non raggiunge mai nessuna verità - la filosofia, malgrado tutto, è eunuca.
Era meglio avere paura e avere coraggio, poiché la conoscenza è senza ordine, e nella relativa indifferenza cresce l’ansia, che per questo è uguale, che temiamo l’infarto o di perdere l’autobus. Perduta è pure la capacità di distinguere, a che punto eravamo? “Ora dobbiamo andare”, direbbe Socrate nell’Apologia alla fine, “io a morire voi a vivere: cosa sia migliore, lo sa soltanto Dio”.

zeulig@antiit.eu

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