L’atto di forza della European Banking Authority a danno delle banche italiane è il vero atto di governo della moneta europea. L’insediamento di Draghi al vertice della Banca Centrale Europea è, malgrado i rituali, l’avvento di un dio minore su un trono diminuito. Con l’uscita di Trichet si accantona ogni ipotesi di fare della Bce una vera banca centrale. I rappresentanti della Bundesbank nel consiglio della Bce, Weber e Stark, si sono violentemente opposti a Trichet, fino alle dimissioni polemiche, e Draghi è stato accettato come colui che non ci riproverà. La Germania, cui la presidenza sarebbe dovuta toccare, ci ha rinunciato a questa condizione – una volta stabilito che comunque la Bce non sarà una banca centrale, una Bundesbank europea (la European Banking Authority non è di più, un’assemblea di 27 esponenti di secondo o terzo rango, ma la sua burocrazia può prendere evidentemente decisioni punitive).
Che le uscite polemiche di Weber e Stark, e la prima decisione della European Banking Authority, siano state dichiaratamente a danno dell’Italia non implicano, come si è portati a credere in Italia, un riassetto delle regole fra i primi e secondi della classe, fra un gruppo A di paesi virtuosi e un gruppo B di paesi in difficoltà. È il principio stesso della Banca Centrale Europea che non deve passare. L’Italia è al centro di questa offensiva tedesca perché è l’obiettivo più facile, politicamente (con la diarchia presidenza-presidenza del consiglio e con l’indebolimento di Berlusconi) e finanziariamente. Ma è tutta la costruzione dell’euro che va assottigliata, a unità di conto fra paesi monetariamente autonomi.
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