Il “padre del realismo socialista” era un visionario? Un sociologo politico sicuramente sì. Se non fu una spia.
“Vedo molte cose ma non ne capisco il senso”, si dice il protagonista-vittima di questo “Uomo inutile”: “Dev’esserci un’altra vita”. C’è quest’ansia, ma è lasciata in sottofondo, come i tanti punti di riferimento di un buon giallo. L’“uomo inutile” vive inerte l’abiezione che lo circonda, l’ubriachezza, la stupidità (follia), la violenza, l’assassinio domestico, e si dice: “Passerà”. Sapendo che non passa. Nell’abiezione della povertà che è mentale ancora più che materiale. Nel corso dei moti costituzionali del 1905.
È il romanzo delle spie, della polizia politica. Mozzafiato, seppure senza imprese, senza amori, senza neppure armi né bellezze. Una galleria di mostri. Un’esplorazione dostoevskjana ancorata all’ordinario, che è la cifra di Gor’kij. Con una serie impressionante di “già visto” per questa nostra epoca di paranoici complotti. Il rivoluzionario è sempre uno “pagato dai tedeschi”, molto prima di Lenin e della stazione Finlandia. L’agente provocatore migliore è l’infiltrato che insegna ai rivoluzionari come fare le bombe, le prepara con loro, e li fa catturare.
Gor’kij vi riscrive la sua umanità-animalità, non sentimentale. Evsej, il protagonista-vittima, è “completamente privo di affetto”. Ma qui c’è di più. Gor’kij scrive nel 1908, nella Russia zarista della polizia segreta, il romanzo del 1938, nota Alessandro Barbero nell’introduzione, della Russia staliniana della polizia segreta. Con la quale giocherà la sua ultima partita come un qualsiasi Evsej, altrettanto impuro. Per una straordinaria capacità di fabulazione, bisognerebbe aggiungere – non per capriccio Stalin volle farne al ritorno in patria, nel 1934, lo Scrittore Eroico Nazionale. E per l’incombere di una sorta di Russia immutabile. O della rivoluzione impossibile – “l’altra vita”.
Ma si potrebbe continuare, ambientando questo “Uomo inutile” tal quale un secolo dopo, nella Russia di Putin. Con la prospettazione, da destra e da sinistra si sarebbe detto un tempo, da parte naturalmente della polizia segreta, di un disegno rigeneratore: “«La grande Russia sta andando in rovina, accadono cose incredibili, vengono commessi crimini orrendi. Le persone sono oppresse dalla sofferenze della miseria e della povertà, i cuori sono inaspriti dall’invidia, l’uomo russo, mite e paziente, soccombe e al suo posto sta nascendo una stirpe di uomini lupo….” Perché no, se è un “destino” russo?
Un destino cui Gor’kij non si sottrasse: ancora più inquietante, anzi agghiacciante, è la lettura di questo “Uomo inutile” al pensiero che lo stesso Gor’kij è stato una spia. Non per bisogno né per stupidità, da Eroe Scrittore Nazionale. Uno che non sottostimava Stalin, ma finì per esserne complice, seppure involontario. Per l’archivio degli espatriati che la sua segretaria baronessa Budberg ha consegnato a Mosca dopo essersi “rifugiata” a Londra – dove, grande anfitriona dell’intellettualità, avendo catturato H.G.Wells dopo Gor’kij, propiziò la “resistenza” dei professori di Cambridge. “Moura”, Maria Ignatievna Zakrevskaia, sposata Budberg, la spia del Novecento, di cui l’Italia custodisce le spoglie – morì a Firenze nel 1974, in visita al figlio Pavel.
Moura, ucraina di nascita, sposa di un barone baltico, fu l’amante di una spia inglese a Mosca al tempo dell’attentato a Lenin. Quindi segretaria di Gor’kij, dopo assidua corte, la “donna di ferro” che lo scrittore vagheggiava, anche se ormai solo le sorti del genere umano l’appassionavano, e per esso del socialismo. Il rapporto durò familiare a Mosca, in Germania e a Sorrento, per tredici anni. E si concluse con la decisione di Gor’kij di rientrare in Russia. Moura a questo punto se ne separò. Non prima però d’avere avuto da Gor’kij l’archivio da custodire a Londra. A fine aprile 1933 Moura parte con l’archivio per Londra. L’8 maggio Gor’kij lascia Sorrento per Odessa, via Istanbul. Il 15 Moura arriva a Istanbul con l’Orient Express. Il 16 visita con Gor’kij Santa Sofia, e lo stesso giorno riparte per Londra. Dove diventerà l’amante di H.G.Wells per altri tredici anni, fino alla morte dello scrittore, e l’anfitriona della intellettualità britannica. Ma sempre fu spia di Mosca – la Cekà, la polizia politica dei primi tempi sovietici, usava come provocatori graduati baltici sbandati, mezzo tedeschi, mezzo russi e niente per sé. A Londra Moura diffonderà lo spionaggio fra i grandi intellettuali di Cambridge.
Gor’kij sarà “avvelenato” ufficialmente nel 1938, due anni dopo la morte, per volere di Stalin. Il Piccolo Padre ebbe bisogno di un pretesto per liquidare Yagoda, che gestiva la polizia politica, allora Nkvd. Dopo avere imbastito i processi nel 1936 sulle carte che lo scrittore aveva affidato a Moura da tenere al sicuro a Londra, da Yagoda riportate a Mosca. Due anni dopo il viaggio trionfale per tutte le Russie che personalmente gli aveva organizzato, a ridosso della morte misteriosa di Max, il figlio adorato, e la presidenza del primo congresso degli scrittori sovietici – riunito a varare il realismo socialista da Gor’kij aborrito, di cui era ghiotto Stalin. Finisce così provocatore lo scrittore del popolo Gor’kij. Le coincidente insomma sono molte – anche l “Uomo inutile” finisce male. Premonizione?
Maksim Gor’kij, Storia di un uomo inutile, Utet, pp. XII, 288 €12
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