Un capolavoro di umorismo, tanto più per essere involontario, domina le pagine centrali del “Corriere della sera” oggi: “Guerra di Libia, il diario sul campo del grande filosofo francese” Bernard-Henri Lévy. Pezzo scelto: un colloquio di Lévy col presidente francese Sarkozy all’Eliseo. Per chi non avesse tempo:
Lévy sproloquia. Complimentandosi: “Il mio senso della misura sorprende me stesso”. Sarkozy è ammesso a interloquire. Da pirla. Parla male degli americani. Del suo amico Berlusconi lamenta che “ha perduto la testa”. Dice gli inglesi avari (“Hanno solo cinque elicotteri! Cinque! Contro i quindici che abbiamo noi!”) e incapaci (“Hanno sempre bisogno, prima di sganciare una bomba, del parere di tre studi di avvocati”). Crede di aver fornito molte armi agli insorti libici ma non che cosa. Si aspetta l’insurrezione di Tripoli per il 14 luglio e prepara un posto in tribuna (alla sfilata della festa nazionale francese). Un posto per il famoso Jibril, quello che introdurrà in Libia la poligamia (“Molto bravo, Jibril! Molto serio!”). Chiede sempre pareri e informazioni ai suoi collaboratori senza lasciar loro il tempo di rispondere.
Di Sarkozy pazienza - si sa che è lì per la figura, in attesa che, prima o durante la campagna presidenziale fra qualche mese, venga licenziato per il trappolone teso a Strauss Kahn a New York. Ma Lévy? Il giornale milanese non dice che cosa Lévy abbia filosofato - nessuno ne sa niente. Stefano Montefiori lo presenta come uno di 63 anni che collabora al “Corriere della sera” da quarant’anni, Quindi è un giovane prodigio? “Duecento giorni di inedita e strettissima collaborazione tra un intellettuale di sinistra e un leader politico di destra”, dice ancora Montefiori del libro-diario che il giornale propaganda. E il primo riflesso è di pensare Sarkozy a sinistra, Lévy a destra.
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