La giuria del Cundill Prize per la storia ha reso nota la motivazione del premio assegnato una settimana fa a “Padre Pio” di Sergio Luzzatto, nella versione americana di Frederika Randall “Padre Pio. Miracles and Politics in a Secular Age”):
“Il libro di Luzzatto è di grande autore”, ha detto il relatore Ramachandra Guha, che insegna alla London School of Economics (il premio è stato assegnato all’unanimità): “La ricerca è eccezionalmente profonda e ampia, abbracciando pile di fonti archivistiche prima mai consultate, e libri rari e pamphlet custoditi in inaccessibili biblioteche. La cornice è transdisciplinare – è il lavoro di uno storico che sa di antropologia e di teoria politica. La scrittura è invidiabilmente lucida, e mai invasiva – per la quale sicuramente un merito va ascritto anche alla traduttrice”.
Luzzatto, professore di Storia contemporanea a Torino, ha avuto accesso per questo lavoro agli archivi vaticani. “In effetti, finché la malattia, la disgrazia e il male daranno tra noi”, così ha commentato il premio, “gli esseri umani, e specialmente i più fragili tra essi, avranno sempre bisogno di guardare a figure come Padre Pio per ottenere, se non un miracolo, perlomeno consolazione e speranza”.
Frederika Randall, la traduttrice, già segnalatasi per l’ardua traduzione di Meneghello, ha ora in corso quella di Ippolito Nievo, “Le confessioni di un italiano”, per i 150 anni dell’unità (dopo 150 anni…).
Luzzatto è stato scelto fra 132 concorrenti. In finale col suo “Padre Pio” erano stati indicati Timothy Snyder, “Terre di sangue. L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin”, appena tradotto in italiano, e Maya Jasanoff, “Exiles: American Loyalists in the Revolutionary World”, sulle diecine di migliaia di americani lealisti nella Guerra d’indipendenza, costretti all’esilio in Canada per sfuggire ai massacri.
Il premio Cundill, una sorta di Nobel degli storici, prevede un assegno di 75 mila dollari al vincitore, e due premi di consolazione di 10 mila dollari ai finalisti.
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