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Coscienza – Trascurare la coscienza è andare in giro senza braghe, bisogna quindi contenersi. Ma non va trascurato neanche l’epitaffio di Martin Buber per Landauer, uno del Soviet di Monaco nel ‘19 che il socialista Noske ridusse alla ragione uccidendoli tutti, settecento e più: “Gustav Landauer combatté nella rivoluzione contro la rivoluzione per la causa della rivoluzione”. Con la coda:“La rivoluzione non lo ringrazierà per questo”. La coscienza ogni tanto dorme.
Guicciardini asserisce non potersi “tenere Stato secondo coscienza”.
Fisica – È sempre più metafisica, presuppone un qualche Dio. Dal tempo dei buchi neri, e sono ormai cinquant’anni, quando il loro teorico John A. Wheeler diceva: “È ormai chiaro che la fisica da sola non spiegherà mai la fisica”. La fine del tempo? L’inizio? Erano assurdità per Kant già negli anni 1760: “Vane indagini” e “assurdità”, roba da “visionari della ragione”, da “regno degli spiriti” alla Swedenborg. Già molti anni prima dei neutrini più veloci della luce del Cern-Gran Sasso, nel 1967, Koestler poteva scrivere: “Per chi non nutre pregiudizi, il neutrino ha davvero una certa affinità coi fantasmi”- il neutrino della bomba omonima. Si può capire il collaboratore della ministra Gelmini che la fisica pensava ancora fisica, con una galleria tra Ginevra e l’Aquila: era ancora positivista.
Logica - Può essere illogica – per Bacone “più che alla ricerca della verità, serve a sistematizzare gli errori”.
Rivoluzione – È finita, nel senso che non è in agenda (le “primavere” arabe più che altro ne confermano la stanchezza). Ma è sempre stata ambigua nella filosofia della politica – benché l’università di California la insegnasse (la insegna tuttora?) a Berkeley, per dieci o ventimila dollari l’anno. Una tappa, di non si sa che viaggio, di cui si voleva l’ultima. Classista, conservatrice, sovietica, mondiale, indifferentemente.
Michelet può spiegare la disaffezione, che nella rivoluzione vide la “rivelazione”, un fatto divino, un’apocalisse - e De Maistre, che ci vide l’opera del diavolo. Mentre per Rivarol il devoto che crede ai preti e l’irreligioso ai filosofi sono entrambi creduloni - e i rivoluzionari che credono nella rivoluzione? ma Rivarol è un reazionario.
Romanzo unico della Rivoluzione del 1789 resta I vagabondi, non ce n’è altro. Di Frances “Fanny” Burney, la figlia del dottore musicofilo: specialista di storie italiane, Evelina, Cecilia, Camilla, era turista a Parigi nell’89 e dopo, ma non visitò il museo Carnavalet, dove la ghigliottina era stata fatta di ossa umane – era turista controvoglia: “I viaggi rovinano la felicità”, diceva, “non si può più guardare un edificio in Inghilterra, dopo aver visitato l’Italia”.
La filosofia illuminista, per quanto laica e scientifica, non può non affascinare i duri della storia. Ma non nutre la rivoluzione - anche in Francia, nutrì Napoleone. Oppure sì, nutre la rivoluzione ma nel senso del trickster beffardo, per frantumarla.
C’era questo antefatto quando lo storia idealista sancì i primati, confondendo la tradizione e ridicolizzando la ragione. C’è ancora chi imputa le guerre ai capitalisti avidi di mercati e materie prime, e le rivoluzioni alla classe operaia, ma per un difetto di vista. “Lei è ora marxista?”, Camus chiedeva nella Resistenza. “Sì”. “Sarà dunque un assassino”. “Lo sono già stato”.
Non è che fare, ma che vogliamo. “La fede non pensata”, dice sant’Agostino, “non è niente”. All’altro estremo, Palazzeschi poteva irridere impunito: “Io non temo l’uguaglianza. È il paradiso di Marx sulla terra, un affaretto assai modesto in verità”. È il fuoco corto del conservatore.
L’acqua sempre bolle a cento gradi centigradi, e a zero gradi sempre ghiaccia. Ogni atomo nell’acqua si comporterà in maniera diversa dagli altri, miliardi di atomi per quanto l’acqua sia poca, e se pensa penserà di essere diverso, immaginerà percorsi e traguardi differenti, che forse fa, la fisica non lo sa. E tuttavia nei sistemi complessi il risultato è uno solo: bollore o ghiaccio, vittoria o sconfitta. È la magia di questo risultato d’insieme, ottenuto dalla coscienza ragionata e dalla volontà, che entusiasmò il metodico Kant a settant’anni: “Un evento simile”, sostenne dell’‘89 nella “Disputa delle facoltà”, “non consiste in fatti o misfatti importanti degli uomini, in seguioto ai quali ciò che era stato grande fra gli uomini divenne piccolo, e ciò che era stato piccolo divenne grande… No, non è affatto questo! La rivoluzione di un popolo ingegnoso può riuscire o fallire. Può essere piena di tali calamità e atrocità che un uomo giusto, anche se potesse essere sicuro di effettuarla con successo, non si deciderebbe mai a ripetere l’esperimento a un prezzo così alto. Ciò malgrado, una tale rivoluzione trova una simpatia molto vicina all’entusiasmo. Un tale fenomeno nella storia dell’umanità non potrà mai essere dimenticato: esso dimostra che nella natura umana esiste un’inclinazione e una disposizione al meglio che nessun politico mai avrebbe potuto prevedere riassumendo il corso delle vicende precedenti”.
Che si può dire però all’inverso: la rivoluzione può essere paciosa, ma non trascurare la disposizione al meglio. T.E.Lawrence, hitleriano e comunista aristocratico, era del parere che “non bisogna fare la rivoluzione per dare il potere a una classe, ma per dare una possibilità alla vita”. È diverso? Sì.
Solitudine - La solitudine, dice Mannheim in “Ideologia e utopia”, è coscienza che “non ricopre l’Essere circostante”. O non voleva dire il contrario, che percepisce tutto del circostante ma non l’Essere? È un vuoto di sé. Si fa tanto stando soli, si osserva, si analizza, si capisce. Per una semplice questione d’impiego del tempo, non sapendo che dirsi, o non volendo.
Storia – È labile. E si trova nei Salmi che “la morte non conosce memoria”. Ma la Bibbia è a volte anticristiana. Il poeta Celan lo sa: “Angelicata\la storia sta\col servo liberato”. Né c’è presente senza futuro. Senza memoria cioè del presente. Che è il segreto pure della scrittura: l’autore scrive per rinascere. Con l’invenzione dei posteri, del classico. La storia è effetto e causa dell’immortalità: “Nevica storia”, direbbe il signor Bok di Malamud.
“Torniamo all’antico, faremo un progresso” è Petrolini. Insensato, anche se non si parte da zero. Ma la memoria annulla il tempo più di quanto lo ricostituisca, il presente soggettivo sovrapponendo allo stesso vissuto. È la falla di Freud: il ricordo è ricostituzione, del presente. Che è necessario, per restaurare l’io, come arte, prodotto, parola e azione - che dice Michelet: “Di che è fatta la storia se non di me?” Mentre la sola certezza storica è all’opposto: non c’eravamo prima, non ci saremo dopo. Niente e nessuno è eterno.
Eccetto la storia? Che a volte è il busto di Giano di Spengler impenetrabile, “un volto al passato, uno all’avvenire”, l’angelo di Benjamin. O di Paz deluso: “La condanna è il tempo, la pena la storia”. La “tenia del tempo” irrita pure il gentile Edward Morgan Forster. Che senso ha in effetti il tempo, a parte l’ansia del prima e dopo, l’attesa e il ricordo, e della fine? Un secondo può contare più d’un giorno. Ma nella storia, spiega Lévinas, “l’uomo scopre oggi ciò che trasforma e fa svanire il passato”.
Ecco la storia che cos’è: il tempo che scompare. Il tempo perde nella storia l’irreversibilità – è qui pure il fascino del cristianesimo, e dell’Occidente, che la Croce affranca: a ogni istante è un inizio, e nella moltiplicazione del tempo e delle decisioni s’innesta la libertà. È questo il passato-per-l’avvenire, direbbe Heidegger. Quando finisce la speranza finisce la libertà, con o senza Occidente. ”Siamo ostaggi dell’Eterno nella prigione del Tempo”, sottilizza Pasternak tolstojano, “nessuno fa la storia, la storia non si vede, come non si vede crescere l’erba: la guerra, la rivoluzione, i re, i Robespierre sono i suoi stimolanti organici, i suoi lieviti”. Alla tedesca, ridetto da Mannheim: “Essere e presente non sono che la struttura di una coscienza utopica della temporalità. Una totalità di senso articola gli eventi e costituisce il principio costruttivo del senso storico”. E del senso mistico, ideale, ideologico. Del pudore, l’umore pacifico, l’amore sessuale, la simpatia, l’amore materno, la norma di giustizia e verità, la Religione, la Speranza e la Fede nell’Eternità di Herder.
Tempo – È una limitazione dell’essere finito, o non la relazione dell’essere finito con Dio? Non assicura l’infinito, ma introduce un al di là dell’essere, come amore, procreazione, socialità, come dice Lévinas. E ci mette in contatto quindi con Dio – perché farne a meno? “Niente affoga il passato, niente lo risolleva\dal suo baratro”, se si vuole, con Alda Merini, la Poetessa.
zeulig@antiit.eu
venerdì 18 novembre 2011
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