Una serie di “rovesciamenti” molto quenoviani nelle due giornate particolari di Zazie, liberata dalla madre che ha infine un ganzo con cui spassarsela: il bambino-adulto, l’adulto-bambino, l’uomo-donna, la donna-uomo, etc., e il treno (il metrò) immobile. Un testo singolarmente fresco dopo sessant’anni, il vero racconto di dialoghi che s’innestano sempre vivaci. Che oggi non sarebbe possibile: lo scherzo di Queneau sarebbe un racconto per adulti.
Una rilettura che dice da sola la “fine della storia”, l’abisso che il Duemila ha scavato. Rispetto ad anni, i 1950, non specialmente scorretti (il film che Malle ne ha ricavato sarebbe oggi per tutti?). Il Duemila sarà il secolo della correzione totale, politicamente, moralmente? Orribile ideologia, forse non furfantesca, ma castrante.
Il testo è fresco naturalmente in francese, la traduzione di Franco Fortini è traditrice, al solito dell'umorale poeta. E per di più emolliente - vaselina.
Raymond Queneau, Zazie nel metrò
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