Sono poesie della preistoria, gli anni non lontani 1980, quando nessuno voleva la Merini, poi la più pubblicata – le strapperanno i versi di bocca. Il primo gruppo di composizioni è una ripresa dopo quasi vent’anni di malattia e silenzio, nei quali, dice la poetessa in nota, il “dono immenso” , al principio, di poetare è diventato “immensa fatica” – la fatica di essere, “di provare la mia esistenza”. Nell’introduzione al quadernetto, dattiloscritto in più copie, Teresio Zaninetti spiega: “Alda Merini vorrebbe guardare in faccia al mondo. Ma il mondo volta la sua faccia e le mostra il culo”. Zaninetti (1947-2007) Giuseppe Zaccaria, che cura questa edizione, dice una “anticonformistica figura di giornalista e scrittore. Poi Alda sarà riscoperta da Maria Corti e la sua storia cambia, ma non la sua poesia: le tre raccolte qui comprese ne fissano le tematiche e il linguaggio: l’emarginazione, la miseria anche, di un’umanità vista nel suo aspetto animale, attorno ai navigli di Ripa Ticinese, la solitudine, la fede, la pesantezza del corpo. E l’ombra che mai la abbandona dei dieci anni di manicomio, tra “i malati di obbrobrio”.
Nelle “Satire”, alla maniera di Orazio, Alda posa al Porta in lingua. È una traccia nuova, qui in perspicuo rilievo, della sua poesia.
Alda Merini, Poesie e satire, Einaudi, pp. 101 €12
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