Un “italianismo” dimenticato, negli ambienti e soprattutto nella psicologia di Zambinella, il castrato cui è impossibile amare, che è il vero protagonista del racconto. Un aspetto, forse il solo, che Roland Barthes non ha esaminato in “S\Z”, il suo testo più analitico, tutto centrato su questo racconto. Come in Stendhal, le “passioni energiche” vogliono semrpe “incantevoli donne del Sud”. Gli artisti si divertono e divertono con “arie calabresi e canzoni napoletane”. C’è ancora, antonomastica, la “testa genovese”, che si diceva di “un uomo sulla cui vita poggiano enormi capitali”, il banchiere d’affari, il venture capitalist.
Dei cinque codici costruttivi e interpretativi del racconto, che Barthes ha elaborato su “Sarrasine”, il quinto, quello genericamente “culturale” (filosofico, scientifico) è italiano. Con riferimenti inconsueti per Balzac, ai pittori (Vien, Girodet), agli scultori (Bouchardon, “Sarrasine”), alla musica (Jommelli et al.). Un italianismo che la traduttrice sembra osteggiare, in un paio di punti rilevando, erroneamente, errori di Balzac (il teatro Argentina, p. 35, fu inaugurato nel 1732 e non nel 1792, il “conte” Sangermano non è “un misterioso personaggio”, è centrale nel secondo Settecento, che fu anche teosofista).
Honoré de Balzac, Sarrasine, Il Sole 24 Ore, pp. 63 € 0,50
sabato 24 dicembre 2011
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