L’1 gennaio l’euro fa dieci anni, ma lo celebra solo “Barbanera”, tra le ricorrenze obbligate. Era nato come una moneta salvaguardia, e ha provocati disastri. Meglio: era stato presentato in Italia come salvifico, risolutore di tutti i mali, altrove si sapeva cos’era e cosa minacciava. In particolare in Germania, dove la Bundesbank e le banche non lo volevano.
I primi dubbi erano nati in Italia sullo Sme, il progenitore dell’euro, il Sistema monetario europeo. I “cambi fissi ma variabili” dello Sme facevano impazzire il governatore della Banca d’Italia Baffi – fautore dei cambi flessibili, per sterilizzare l’effetto monetario, lo impatto del cambio sull’inflazione (il suo predecessore Carli, della generazione dei cambi fissi, era del resto rimasto a corto d’oro, avendolo dato in pegno alla Bundesbank). Ciampi, che presto sostituì Baffi, invece ne fu convinto sostenitore, al punto da rivalutare la lira su marco. Il bluff fu sgonfiato dallo speculatore Soros nel 1992, ma l’aggancio della lira al marco fu ripetuto. Al punto da accettare, per superare l’avversione della Bundesbank, un euro a due marchi.
La sopravvalutazione si voleva una camicia di forza e tale l’euro è stato, nient’altro: una macchina di sacrifici inutili. Prezzi raddoppiati, disoccupazione di massa, ristagno. Negli ultimi quattro anni anche un ombrello inesistente contro i rincari delle materie prime, energetiche, industriali, agricole. E da qualche mese un’ascia di guerra delle economie europee più forti contro quelle più deboli, da ultimo anche l’Italia. E così che l’euro è stato “come tagliarsi una gamba” per incassare l’assicurazione, quello che Alda Merini profetava, la poetessa.
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