astolfo
Borghesia - Marx non era contro i borghesi per i proletari. Cioè sì, ma contro la stupidità di chi vuole produrre la ricchezza a mezzo della miseria, dei proletari e sua. e lo disse subito, stabilendo nella Miseria della filosofia che cosa non andava: “Negli stessi rapporti entro i quali si produce la ricchezza si produce altresì la miseria”, a opera degli stessi: “Questi rapporti producono la ricchezza borghese, ossia la ricchezza della classe borghese, solo a patto di annientare continuamente la ricchezza dei membri che integrano questa classe, e a patto di dar vita a un proletariato sempre crescente”.
Cristiani – I cristiani sono tutti “alti ideali un minuto e feroce praticità (expediency) il minuto dopo” in “…. e poi muori”, il giallo di Michael Dibdin, l’inglese “italianato” morto quattro anni fa, sulle regole della vacanza in Versilia. Coi cattolici invece, dice l’autore al suo protagonista, “sai sempre dove sei: fino al collo in bugie, sotterfugi, misteri, doppiezze, colpi alla schiena e intrighi sottotraccia di ogni specie”. I cattolici non se la prendono e leggono il libro. In un’eventuale versione inversa, i protestanti invece non lo leggerebbero – Dibdin non l’avrebbe scritto. Perché i protestanti sono buoni, e i cattolici sono cattivi - “superior stabat lupus, inferior agnus”.
Globalizzazione – La nozione di “villaggio globale” è stata considerata a lungo dai centri sociali, i gruppi, i rocchettari sinonimo di utopia libertaria. Non sapendo che McLuhan l’aveva coniata nel 1964, “Gli strumenti del comunicare”, una sorta di ossimoro, per dire il contrario, l’uniformità controllata. Il nuovo impero, l’unità imperialista: l’abbigliamento non solo, ma i consumi, i bisogni e i linguaggi sono standardizzati. Attraverso l’elettronica, il cui sviluppo McLuhan poteva solo prevedere ma che a distanza di cinquant’anni sono perfettamente in linea con la sua previsione.
Imperialismo – Nei suoi cicli storici (Roma, islam, crociate, conquista, colonialismo, Usa) è anche curiosità intellettuale e disponibilità alla mescolanza, delle culture e delle persone. In parallelo con la dominazione e con la creazione del barbaro (il selvaggio, il predone, il cannibale, sia pure rituale).
Di questo aspetto dell’imperialismo Bernard Lewis quindici anni fa (“Culture in conflitto. Cristiani, ebrei e musulmani alle origini del mondo moderno”) ha fatto il segno distintivo dell’Occidente: “È stato solo l’Occidente a sviluppare tale curiosità nei confronti delle altre culture”. Questo non è vero, in tutti i fenomeni di espansione si riscontra sempre una misgenation, una mescolanza, i manciù in Cina, o i giapponesi in Corea. Anche le culture più rituali (peculiari) e ristrette, l’ebraismo per il limite genetico, l’islam per quello politico, non sono indenni da iniezione e interferenze.
Peculiare dell’Occidente è invece il pentimento, come Lewis ha messo in rilievo. In parallelo col pontificato di Giovanni Paolo II, che peraltro Lewis non nomina, della sua concezione “trionfante” del pentimento, rigenerante. Una novità totale, dice Lewis, in “tutta la storia”, e una peculiarità che farebbe la superiorità dell’Occidente. Il cui declino non significa l’eliminazione del male dalla storia, ma della coscienza critica, della capacità di denunciarlo.
Islam – Sembrava avere trovato una sua via alla modernità inevadibile, e invece si indirizza da un cinquantennio a rifiutarla, in Afghanistan, in Iran e ora ovunque. Anche in Arabia Saudita, che è il suo Luogo Santo per eccellenza, l’islam dà forte il senso di essere imploso, chiuso, irrancidito. Altrove può essere garbato, talvolta lezioso, sempre modesto – è difficile litigare con un mussulmano. In Arabia Saudita, dove è l’unica ragione di vita, almeno prima del petrolio, sembra invece acuirsi una sua intima schizofrenia. Che viene detta complesso d’inferiorità, con tutta l’acredine che questo comporta, nei confronti dell’Occidente dominatore, ritenuto solo più fortunato, ma la cui natura sembra diversa: è il rifiuto del mondo e insieme il desiderio di cavalcarlo, più accentuati entrambi che nel cristianesimo.
L’Occidente, da cui hanno ripreso tutto quello che avevano perduto, la poesia e una qualche gioia di vivere, il sogno, la magia, il delirio, la filosofia, è semmai parte integrante dell’islam, specie nel mondo arabo. Succede alle società tribali all’ora delle nazioni. Tanto più quando si erigono a difesa della tradizione, mentre solo coltivano l’esclusione, dell’infedele come di ogni altra tribù. Con cattiveria, con ferocia anche, il confine ravvicinato rende l’insicurezza permanente. Oppure è storico, il complesso nasce da una deriva di secoli.
Il passato resiste a ogni esorcismo, la tazza rotta che non si ricompone. Ma è talvolta proprio passato, non per casuali determinazioni sociali, o modi di produzione, ma per le mutazioni ambientali, chimiche, biologiche. E per un disegno di sopravvivenza, che porta al misoneismo, il rifiuto della novità: gli organismi viventi muoiono se non crescono, ma non subito. Così i mondi chiusi non muoiono subito, e talvolta fanno danni. Il grande corpo islamico si è fermato al 1480, quando i turchi, presa Otranto, sembravano dover prendere l’Italia, con tutto il papato. Il Magnifico radioso celebrò con una medaglia la liberazione, seppure assortita dalla decapitazione degli idruntini maschi, ottocento, che non abiurarono. Poi Maometto II morì e Alfonso di Calabria ricacciò i turchi, era passato poco più di un anno.
La minaccia turca era in realtà un’attrazione, l’utima prima dell’implosione lenta, inarrestabile. Il re di Francia cristianissimo chiamò il sultano in Europa a più riprese, perfino il papa lo chiamò – e il milanese Ludovico il Moro, che pagò i turchi perché occupassero il Friuli, ma questa è un’altra storia. L’attrazione durò ancora un secolo: i preti si sposarono, facendo la Riforma, e i re pretesero mogli plurime, da Enrico VIII a Ivan il Terribile, ripudiabili, assassinabili. Fino a Lepanto. Questa è la storia breve, non inattendibile, dell’islam dall’età moderna.
Maometto II, che morì di cinquantun’anni, aveva preso Costantinopoli, le basiliche mutando in moschee, tutti i Balcani eccetto la Croazia, e tutta l’Anatolia. Aveva chiamato Gentile Bellini a Costantinopoli, dove ospitava florida colonia di nobili e mercanti veneziani. Uno dei quali, Andrea Gritti del palazzo omonimo, guadagnò tanto da farsi doge, lui che era padre di numerosa figliolanza turca. Raccolse una celebre biblioteca. E una collezione di reliquie cristiane, in vista dello sbarco in Italia. Venezia lo pose a fissare il castello di Scutari in calle del Piovan, in bassorilievo sulla facciata della Scuola degli Albanesi. Ma non era un condottiero: tre anni dopo la presa di Costantinopoli, l’ungherese Hunyadi l’aveva messo in rotta a Belgrado, il Cavaliere Bianco – o Valacco, cioè rumeno? – padre di Mattia Corvino, la prima di molte guerre a perdere, una serie che non è finita.
Roma – Città per eccellenza di meteci. Di preti e prostitute, la trovavano nei secoli i viaggiatori. Ma di più, da sempre, di immigrati. Per la natura stessa dell’antica Roma, sia della repubblica che dell’impero, della sua idea della cittadinanza, e dell’apertura a tutte le fedi e tutti i culti, purché non intesi contro Roma (fu ciò che Nerone rimproverò al cristianesimo, e altri imperatori con più fondamento – ma già Nerone aveva capito). È così che gli ebrei di Roma possono dirsi i romani più antichi, essendosi mantenuti uniti, una comunità, per vincolo di sangue, e di fede esclusiva. Già al censimento del 1527, prima del “sacco”, risultarono romani di Roma solo uno su sette, e nemmeno, il 16 per cento: il 64 per cento veniva da tutta Italia, il 20 per cento erano stranieri.
Salotto – Ha inventato il razionalismo asettico, la società civile. Che nutre, fra dolori e amori, o semplici chiacchiere, e piccole e grandi carriere, all’ombra delle arti (carriere? arti?), fra signorine e damazze, chissà perché, brutte, cioè sterili. Lontano da tutto. I morti delle guerre, le epidemie, le mafie, e le antimafie, le fabbriche e la disoccupazione, la miseria, i briganti di strada, e la cocaina. Dibattiti su queste cose civili, tavole rotonde, cinque minuti a testa, scuole di democrazia, guai a prevaricare, neanche con l’intelligenza, peggio con lo spirito, massonerie aperte, aurea mediocritas. Siamo tutti un po’ borghesi.
astolfo@antiit.eu
mercoledì 21 dicembre 2011
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