Senza Stukas né V-2, ma con altrettanta determinazione, è di nuovo in corso la battaglia d’Inghilterra. Condotta questa volta, altra novità, con la Francia al fronte – ma non è proprio una novità, si potrebbe dire Napoleone e Hitler uniti nella lotta.
Sapremo lunedì se la salva europea ha abbattuto la perfida Albione - se il pacchetto Merkel-Sarkozy rassicura i mercati. Ma è dubbio: di veramente nuovo c’è che questa volta la Germania è tutti noi. Anche se non del tutto – nemmeno questa è del tutto una novità: anche la Germania di Hitler fu tutti noi, non bisogna dimenticare, benché gli storici lo facciano, gli anni radiosi della vittoria, fino al 1942 incluso, a Alamein e poi a Stalingrado. Ma c’è, come dire, un visto da sinistra e un visto da destra, accentuato, anche qui. E rovesciato: la sinistra è per la Germania, la destra no. Il perché non si sa, roba da tifo. Ma quello che la Germania e la Gran Bretagna rappresentano e vogliono sì.
Martin Feldstein, l’economista di Harvard che fu il consigliere di Reagan, lo scriveva nel 1997, cioè quindici anni fa: “L’euro nasce per unire ma potrebbe dividere l’Europa”. I contrasti potenziali erano e restano forti. Grosso modo è lo scontro fra le posizioni di sempre: l’economia sociale di mercato, molto politica e dirigistica, della Germania, e il liberalismo, politico e di mercato, della Gran Bretagna. Con molteplici derive, in entrambi i fronti - Monti per esempio, che è tedesco a Londra e inglese a Berlino. Il liberismo ha provocato la crisi dei mutui fasulli, e lo sconquasso di questi quattro anni. Non una buona ricetta. La Germania vuole il controllo del Bundestag sui bilanci di tutte le economie europee. È un bene? No, nemmeno Draghi si sente di sostenerlo. Ma a queste condizioni accetta e salva l’euro, e quindi, da sinistra, le siamo riconoscenti.
La Germania vuole un mondo immobile, con il maestro di ginnastica a Berlino, con baffi e manubrio, molto posato Ottocento. Londra è invece per un modello elastico, che verrebbe molto utile – è indispensabile – nell’epoca della globalizzazione. Bisognerebbe non farsi male attaccando tropo forte – ci sono state guerre perdute vincendole.
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