Dante
– Pornografo. Ci sarebbe anche questo Dante, spiega
Pareto, “Il mito virtuista e la letteratura immorale”, in una legislazione
moralistica.
Dialoghi
– Letti per coincidenza di seguito, due romanzi di
dialoghi, “Zazie nel metrò” e un Ivy Compton Burnett, espongono natura
radicalmente diversa. Pur giovandosi della stessa realtà equivoca (travestiti, transgender). E di analoghe situazioni
irreali, inverosimili. Zazie funziona perché è personaggio – tutti sono
personaggi – da dialogo: accennati, allusi.
Famiglie
(im)possibili – Italo Calvino si chiamava all’anagrafe Calvino
Mameli: secondo l’uso latinoamericano, era stato registrato a Cuba, dove nacque
come Calvino y Mameli, col nome anche della madre, Eva Mameli. Che era botanica
di fama, accademica giovanissima, e poi protettrice dell’avifauna: morì di 91
anni, nel 1978, sette prima di Italo (1985). Era nata a Sassari, figlia
maggiore di Giovanni Battista Mameli, capitano dei carabinieri, e di Maddalena
Cubeddu.
Goffredo Mameli, l’autore
dell’inno dell’Italia repubblicana, era nato a Genova, di padre cagliaritano.
Il fratello di Eva e zio di Italo, Efisio Mameli, professore a Pavia di Chimica
farmaceutica, fu tra i fondatori del partito Sardo d’Azione, autonomista a sfondo indipendentista.
Karl Popper, il filosofo, di origini ebraiche e viennesi, era un felice
cosmopolita nei sobborghi di Londra, professore e poi pensionato di prestigio
della London School of Economics. Amalia Popper, di origini ebraiche e
triestine, fu allieva privata d’inglese, e per un periodo forse l’innamorata,
di Joyce (questa è l’idea dello stesso scrittore, in “Giacomo Joyce”), di cui
fu la prima traduttrice italiana, con la revisione dello stesso Joyce (per la
raccolta “Araby” del 1935, comprendente “Araby”, “Una nuvoletta”,
“Controparti”, “Evelina”, “I morti”), e la prima biografa. Figlia della
veneziana Letizia Luzzatto e di Leopold, uomo d’affari e assicuratore boemo che
aveva operato in ditta anche con l’agente marittimo amburghese Blum, avrebbe
ispirato col padre a Joyce le figure fisiche e anche alcuni comportamenti dei
personaggi Molly e Leopold Bloom.
Lettura
– È occupazione oziosa. Ma non è un ossimoro – non è
senza effetti. Chi pensava e scriveva molto
nell’antichità, e dunque leggeva, Omero per esempio, Platone, Aristotele,
Aristofane – Aristofane lo dice anche - a un certo punto chiudeva i libri - il
poeta e il filosofo sono gente d’azione.
È potentissimo psicofarmaco. Si è sempre detta “una
droga”, ma allora tossica, con effetto duraturo sull’organismo, non come volo
della fantasia tra parentesi, cessato il quale ci si ritrova immutati,
incolumi, alla casella base.
È il segreto – la forza – dell’industria
dell’informazione, l’effetto propaganda nella cultura di massa. Che si è
cessato di studiare con la fine dei totalitarismi, come se fosse a esso legato,
mentre è più robusto in regime di libertà d’opinione.
Tale filosofa di ottimo impianto, allieva in
Svizzera di Jeanne Hersch, pensatrice di solidissimo fondamento, sbarcata in
Italia, paese complesso, con la lettura del giornale semplificante, s’indigna
fino a perdersi. Filosofa un mese duecento pagine di “questione morale”, e il
mese dopo altre duecento di “questione civile”, e mostra di credersi “in una
tragedia”. Avendo smarrito il senso di tragedia, civiltà e etica, nonché quello
di storia o realtà – il senso della misura, o del ridicolo.
È crearsi dei desideri. Anche sull’elenco del telefono.
È un viaggio vero: nell’incerto, l’ignoto,
sia pure un’argonautica di mezzo mondo per cercare una pelle di capra. I
viaggiatori in realtà scappano, si sa, i viaggiatori compulsivi. Ce n’è che non
riescono neppure a guardare il panorama, se non per pochi secondi. Mentre
leggere, operazione attiva e non passiva quale il viaggiare, si può solo da
fermi.
È sommersa dall’informazione,
indigeribile. Ma poi qual è l’effetto formativo della lettura? Ne sa più lo
studente classico italiano che a tavolino analizza Manzoni, o il ragazzotto yankee che legge, in treno, i
romanzacci?
Lenin leggeva sempre, compulsivamente. È
il lettore più onnivoro che si conosca.
Si è copiato Popper - ma non si poteva
dirlo, Popper era proibito - per inventare il testo aperto: ogni libro
un’incompiuta, le cui parole vengono vanno per percorsi bizzarri, tornano
indietro, ripartono. Quanto di più inafferrabile all’occhio del lettore,
l’occhio della mente, poiché si legge come si ascolta, le parole diventano
cose, che divagano e dilagano. Scrivere è un privilegio, moltiplica e dilata le
esperienze, anche quelle non fatte. Se si è in grado di scrivere una lettera,
un articolo, un libro, si può essere poeti e carpentieri, marinai e legisti,
dottori, e anche assassini, ammesso che piaccia. Ma leggere è ancora peggio,
Rousseau voleva per questo limitare l’apprendimento delle lingue: “Lo spagnolo
e l’italiano non servono ad altro che a dare la possibilità di leggere libri
nocivi” , diceva. Leggere libri è nocivo, diceva – o è nocivo leggere in
italiano? In ottima salute dev’essere il popolo basco, che ha una lingua senza
scrittura.
Ma, poi, se ognuno è Shakespeare, è
anche possibile oziare, che bisogno c’è di leggere, e di scrivere?
Shakespeare
– Ce ne sono almeno due. Quello dei dialoghi, filanti
– rifacitore in genere di storie venute da fuori, se non di repertorio. E
quello citabile: poeta, filosofo, storico.
letterautore@antiit.eu
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