giovedì 1 dicembre 2011

Letture - 78

letterautore


Dante – Pornografo. Ci sarebbe anche questo Dante, spiega Pareto, “Il mito virtuista e la letteratura immorale”, in una legislazione moralistica.

Dialoghi – Letti per coincidenza di seguito, due romanzi di dialoghi, “Zazie nel metrò” e un Ivy Compton Burnett, espongono natura radicalmente diversa. Pur giovandosi della stessa realtà equivoca (travestiti, transgender). E di analoghe situazioni irreali, inverosimili. Zazie funziona perché è personaggio – tutti sono personaggi – da dialogo: accennati, allusi.

Famiglie (im)possibili – Italo Calvino si chiamava all’anagrafe Calvino Mameli: secondo l’uso latinoamericano, era stato registrato a Cuba, dove nacque come Calvino y Mameli, col nome anche della madre, Eva Mameli. Che era botanica di fama, accademica giovanissima, e poi protettrice dell’avifauna: morì di 91 anni, nel 1978, sette prima di Italo (1985). Era nata a Sassari, figlia maggiore di Giovanni Battista Mameli, capitano dei carabinieri, e di Maddalena Cubeddu.
Goffredo Mameli, l’autore dell’inno dell’Italia repubblicana, era nato a Genova, di padre cagliaritano. Il fratello di Eva e zio di Italo, Efisio Mameli, professore a Pavia di Chimica farmaceutica, fu tra i fondatori del partito Sardo d’Azione, autonomista a sfondo indipendentista.
Karl Popper, il filosofo, di origini ebraiche e viennesi, era un felice cosmopolita nei sobborghi di Londra, professore e poi pensionato di prestigio della London School of Economics. Amalia Popper, di origini ebraiche e triestine, fu allieva privata d’inglese, e per un periodo forse l’innamorata, di Joyce (questa è l’idea dello stesso scrittore, in “Giacomo Joyce”), di cui fu la prima traduttrice italiana, con la revisione dello stesso Joyce (per la raccolta “Araby” del 1935, comprendente “Araby”, “Una nuvoletta”, “Controparti”, “Evelina”, “I morti”), e la prima biografa. Figlia della veneziana Letizia Luzzatto e di Leopold, uomo d’affari e assicuratore boemo che aveva operato in ditta anche con l’agente marittimo amburghese Blum, avrebbe ispirato col padre a Joyce le figure fisiche e anche alcuni comportamenti dei personaggi Molly e Leopold Bloom.

Lettura – È occupazione oziosa. Ma non è un ossimoro – non è senza effetti. Chi pensava e scriveva molto nell’antichità, e dunque leggeva, Omero per esempio, Platone, Aristotele, Aristofane – Aristofane lo dice anche - a un certo punto chiudeva i libri - il poeta e il filosofo sono gente d’azione.

È potentissimo psicofarmaco. Si è sempre detta “una droga”, ma allora tossica, con effetto duraturo sull’organismo, non come volo della fantasia tra parentesi, cessato il quale ci si ritrova immutati, incolumi, alla casella base.
È il segreto – la forza – dell’industria dell’informazione, l’effetto propaganda nella cultura di massa. Che si è cessato di studiare con la fine dei totalitarismi, come se fosse a esso legato, mentre è più robusto in regime di libertà d’opinione.
Tale filosofa di ottimo impianto, allieva in Svizzera di Jeanne Hersch, pensatrice di solidissimo fondamento, sbarcata in Italia, paese complesso, con la lettura del giornale semplificante, s’indigna fino a perdersi. Filosofa un mese duecento pagine di “questione morale”, e il mese dopo altre duecento di “questione civile”, e mostra di credersi “in una tragedia”. Avendo smarrito il senso di tragedia, civiltà e etica, nonché quello di storia o realtà – il senso della misura, o del ridicolo.

È crearsi dei desideri. Anche sull’elenco del telefono.

È un viaggio vero: nell’incerto, l’ignoto, sia pure un’argonautica di mezzo mondo per cercare una pelle di capra. I viaggiatori in realtà scappano, si sa, i viaggiatori compulsivi. Ce n’è che non riescono neppure a guardare il panorama, se non per pochi secondi. Mentre leggere, operazione attiva e non passiva quale il viaggiare, si può solo da fermi.

È sommersa dall’informazione, indigeribile. Ma poi qual è l’effetto formativo della lettura? Ne sa più lo studente classico italiano che a tavolino analizza Manzoni, o il ragazzotto yankee che legge, in treno, i romanzacci?

Lenin leggeva sempre, compulsivamente. È il lettore più onnivoro che si conosca.

Si è copiato Popper - ma non si poteva dirlo, Popper era proibito - per inventare il testo aperto: ogni libro un’incompiuta, le cui parole vengono vanno per percorsi bizzarri, tornano indietro, ripartono. Quanto di più inafferrabile all’occhio del lettore, l’occhio della mente, poiché si legge come si ascolta, le parole diventano cose, che divagano e dilagano. Scrivere è un privilegio, moltiplica e dilata le esperienze, anche quelle non fatte. Se si è in grado di scrivere una lettera, un articolo, un libro, si può essere poeti e carpentieri, marinai e legisti, dottori, e anche assassini, ammesso che piaccia. Ma leggere è ancora peggio, Rousseau voleva per questo limitare l’apprendimento delle lingue: “Lo spagnolo e l’italiano non servono ad altro che a dare la possibilità di leggere libri nocivi” , diceva. Leggere libri è nocivo, diceva – o è nocivo leggere in italiano? In ottima salute dev’essere il popolo basco, che ha una lingua senza scrittura.
Ma, poi, se ognuno è Shakespeare, è anche possibile oziare, che bisogno c’è di leggere, e di scrivere?

Shakespeare – Ce ne sono almeno due. Quello dei dialoghi, filanti – rifacitore in genere di storie venute da fuori, se non di repertorio. E quello citabile: poeta, filosofo, storico.

letterautore@antiit.eu

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