Della tante plaquettes miste, con aforismi e raconti, che la poetessa disseminava da ultimo è la più viva. Ironica (l’uomo che mangia i poeti è l’editore, l’analista è come il barista de “il cliente ha sempre ragione”), narratrice “La gamba – l’euro è come tagliarsi una gamba… -, “Le ossa”), e al solito epigrammatica (“Niente costa così caro come essere poveri”, “scrivere vuol dire piacere di meditare sempre”), perspicace (la poesia, la scrittura), a disagio (nella casa, nel quartiere, con Chiambretti o con Costanzo). Con note autobiografiche di chiarezza sconcertante.
Alda Merini, L’uomo che mangiava i poeti, Acquaviva, pp. 85 € 9
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