giovedì 1 dicembre 2011

L’Europa come vincolo, contabile

Si può fare una lettura europea nel balordo svolgimento della crisi dell’euro: del “vincolo esterno” che nelle crisi s’impone, e rafforza la coesione. È la lettura del ministro dell’economia tedesco Schaüble, al punto da dirsi “incondizionatamente certo” che l’Europa può consolidarsi solo attraverso le crisi: “La pressione della crisi rende possibili innovazioni che normalmente non sarebbero possibili”. Per Schaüble l’obiettivo in questa crisi è arrivare a politiche di bilancio comuni: “È essenziale che le strutture istituzionali dell’Unione dell’Unione Monetaria sino in condizione di obbligare i membri d adottare una politica economica e di bilancio che rifletta la responsabilità verso la moneta comune”. 
Anche Mario Monti è un “campione” del vincolo esterno, che da burocrate a Bruxelles esercitò con inflessibilità. E questo spiegherebbe il favore con cui da presidente del consiglio è stato accolto. In particolare Monti ritiene il vincolo “necessario” per un paese frammentato come l’Italia. In più punti del libro-intervista con Federico Rampini del 1998 Monti spiega il vincolo esterno come “fattore di ausilio alla trasformazione di un’Italia che sovente fa fatica ad evolvere da sola”.
È il “patto sulle regole” di Mario Draghi, tedesco di complemento. È una tesi peraltro che trova riscontro nella politica: il vincolo esterno ha generato cambiamenti di governo in tutti i paesi sui quali si è esercitato (Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna, Italia), e a tutti ha imposto una politica di corresponsabilità o “nazionale”. Salvando i due leader europei che hanno perso tutte le elezioni dopo la loro, Merkel e Sarkozy, ma si sono eletti gestori del vincolo.
Ma è una lettura politica. Istituzionale, se si vuole, ma non propriamente europeista. Andrà incontro a distorsioni e recriminazioni, inevitabilmente, in assenza di una struttura europeistica politica. E non è espansiva, non viva, aperta, di futuro. Il vincolo è ragionieristico: l’economia e la moneta blocca sul debito e il bilancio, senza occhi per l’economia vera: investimenti, produttività, reddito, consumo. Che è ciò che l’economia fa viva, mentre la gestione contabile è patrimoniale – il genere “la rendita non basta più, bisogna intaccare il capitale”, dello zio che andava a Parigi, diceva, non avendo mai lavorato.
L’effetto comunque c’è, si vede, e non è d’avvenire. Si sono già rafforzati i poteri della Commissione e della Bce, il vertice della settimana prossima non farà che sancire una novità già intervenuta. Ma senza dare alla Bce l’autonomia di una banca centrale. E senza risolvere prima la crisi dell’euro, come sarebbe stato ampiamente possibile con minimo sforzo – prima di lasciare la Bce, l’ex presidente Trichet ha ricordato che le banche impegnavano la liquidità della Stessa Bce per il 5-6 per cento del potenziale.

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