Una pubblicazione accurata che emoziona per la cornice, la riesumazione degli archivi di casa Frescobaldi - all’ombra di Dino, il gentiluomo e ottimo giornalista cui il curatore Solinas dedica la raccolta. Le presentazioni e le note, dello steso Solinas con i ricercatori Michele Nicolaci e Yuri Primarosa, sono anch’esse fonte di sorpresa. Le lettere invece, noiose, pratiche, sgrammaticate e pure atteggiate, scurrili anche, ma nel senso dell’interesse micragnoso, nulla aggiungono al “fenomeno Artemisia”, anzi. Benché dirette a personaggi interessanti, all’amante Francesco Maria Maringhi, socio d’affari dei Frescobaldi, ai collezionisti cavaliere Cassiano del Pozzo e don Antonio Ruffo della Scaletta, e (una, già nota, non autografa nemmeno nella firma) a Galileo, protettore “di tutti li virtuosi” a Firenze alla corte del granduca.
La “pitturessa”, personaggio sicuramente di spicco per la vicenda personale, resta non eccezionale malgrado lo straordinario interesse di mercato degli ultimi anni - “diseguale, esigua” la dice Solinas. Le lettere la dicono di carattere non migliore delle offese che subì nella triste vicenda per cui è famosa, il processo per stupro contro il pittore Agostino Tassi nel 1611-12, quando aveva diciotto anni. Ritardi, rinvii, travagli, acciacchi e debiti non pagati, in un mondo peraltro dove nessuno sembra pagare l’affitto, non si parla d’altro, nell’arco di vent’anni.
Francesco Solinas, a cura di, Lettere di Artemisia, De Luca, pp. 160 € 20
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