mercoledì 14 dicembre 2011

Secondi pensieri - (84)

zeulig

Amore – È passione democratica. La concezione per eccellenza dell’amore, comune a tutte le letterature note, è tragica, sotto le forme dell’abbandono, del tradimento, dell’incostanza, della gelosia: l’amore è catastrofico, malefico, dannato, l’amore è morte. Che non c’entra propriamente con l’amore, ma con altre pulsioni. Di cui l’amore viene ad essere il cappello e il collante in quanto pulsione universale e accettata, eticamente, non esclusa e anzi ambita e raccomandata. E in quanto corpo universale – di ognuno, belli e brutti, spirituali e materiali, intelligenti e stupidi – è minuziosamente, infinitamente, sezionabile e sezionato, scomposto, analizzato, invocato come un santo o un miracolo, vituperato.
La più lunga storia d’amore in letteratura, quella di Proust e Albertine, non ha un momento di gioia o rilassatezza, sempre avvinta al dubbio – non infondato peraltro, e anzi cieco. Ciò si lega al mondo di Proust, il cui tormento è la menzogna, e alla concezione che dell’amore ha Proust, di un’illusione se non di un autoinganno, e tuttavia prezioso in quanto tiene in vita, alimenta e rafforza gli spiriti vitali. L’amore è l’innesco della sofferenza, che sola per Proust alimenta la vitalità, quando il ricordo del tempo perduto ha esaurito i suoi effetti di blanda euforia. Non molta, non acuta, per malattia, guerra, malvagità, ma un po’, meglio se coltivata – l’hobbesiana “guerra di tutti contro tutti” Proust la concepisce e la vice come snobismo….
Una concezione speciale ma non isolata: come ogni altra passione, ma di più per la sua universalità, la sua diffusione, anche l’amore c’entra in ogni disperazione. Il fattore principale delle dissoluzioni oggi delle unioni d’amore, matrimoni o convivenze, è portare nel nucleo interno, di coppia e o di famiglia, le tensioni esterne: dai soldi che non bastano mani al lavoro che non c’è e se c’è non soddisfa, all’autobus che non passa, o al tempo, che sempre è troppo freddo, o troppo caldo. L’amore è una proiezione di se stessi in realtà, che però non si è in grado di governare e attraverso la quale si è anzi governati. Con effetti a volte benefici, ora come sembra prevalentemente venefici. Ognuno, anche il sadomasochista di Proust, cerca il piacere, e lo cerca correttamente al di fuori di sé (in sé è troppo facile). Ma spesso cade male, il mondo è pieno di sorprese, le persone pure. O si muove senza giudizio. Né la ricerca è facile, essendo sempre quelli i criteri, per prove ed errori.

Giudizio - Kant spesso diceva sciocchezze, si sa, perché fondava l’esperienza sull’apriori, le cose già sapute. Avere un buon giudizio è utile quando ci si muove al buio: gli spazi, gli oggetti, si trovano in base all’idea che se ne ha. Ma intanto il sole non tramonta mai, questo l’aveva già scoperto Copernico. E poi, per dirne una, che male gli avevano fatto i neri per averne cattivi apriori? Aveva pregiudizi, anche lui. Ma il pregiudizio c’è. Nonché i noti artifici dell’esposizione, per quanto semplificata: barzellette, doppi sensi, giochi di parole, la stessa mossa del varietà, gli hapax, lo slang e gli altri usi succulenti, locali e di gruppo, della parola, rebus, agiografie, centoni, innari, immagini e ricordi accidentali, la stessa mimica della conversazione. E i refusi, che si nascondono nel testo confidando nell’inavvertenza di redattori e correttori - i “corruttori di bizze” – e creano coi loro misteri inesauribile filologia. La moglie del sardo che in realtà è la moglie del sordo, invenzione di Larbaud, che trascorrerà afasico gli ultimi vent’anni – che il “Corriere della sera” attribuisce a Grazia Deledda (il “Corriere della serra”, che non è un refuso ma la citazione corrente del giornale in francese).

Morte – Il pensiero della morte – in realtà un lutto non elaborato – è venuto crescendo col consumo di antidepressivi, che ogni decennio in Italia da quarant’anni raddoppia. Per motivi ignoti (il risveglio dopo il Sessantotto, la volontà di non cedere alla mediocrità invadente, la crisi politica e di appartenenza, la crisi economica come tema costante – l’economia è sempre “in crisi”?) ma di certo legati all’affluenza. Che induce i riflessi lenti e la civiltà dei diritti.
Casanova scriveva: “Detesto la morte, perché distrugge la ragione”. Il pensiero della morte rovescia la vita.

Rivoluzione – La rivoluzione politica viene con la borghesia. Non c’era prima, fino a tutto il Settecento.

Scoperta - L’invenzione viene ora ridotta etimologicamente a ritrovamento, come a dire: “Nulla di nuovo”. E invece no: è una conoscenza nuova, in quanto, passando per l’astrazione, studiare la caduta dei pesi nel vuoto, per esempio, passa per l’ignoto. È ricognizione dell’esistente, l’uomo non è creatore, ma intrepida e fantastica.

Storia
– È la scienza (letteratura) più inattendibile, che alcuni vorrebbero maestra di vita. L’Occidente, che Heidegger fa cominciare da Eraclito, cancella quasi mille anni, una metà della sua storia, dopo il 410 e fino al Due-Trecento, chiamandoli Medio Evo, che dice barbarico e oscuro. Con la parentesi di sant’Agostino. Li hanno cancellati i massoni, e i preti si sono lasciati fare – hanno ancora il complesso di Rutilio Namaziano, del suo orgoglioso ritorno pagano. Si cancellano i bizantini, il romanico, e an-ìche i saraceni. Il caso Giotto si risolve facendolo discepolo di Cimabue, Dante non si sa. Si è tentato con Brunetto Latini, ma è maestro debole, e con Virgilio, precursore anche lui di un puer straordinario, che però era Augusto, l’imperatore. È un altro Rinascimento, in questa rimozione-decostruzione, un altro Occidente. E una volta messo in moto - ogni meccanismo è implacabile - moltiplica fossati e torrioni. Col dogmatismo malleabile dei pionieri - lo spiega bene il western con i detti biblici e ogni altra specie di “sortes virgilianae”: qualsiasi evento ne prova la verità.

Verità - Il paradosso del mentitore (tutti i cretesi sono bugiardi, dice Epimenide cretese: “Vi posso assicurare senza mentire che non ho detto mai nessuna verità, se non per mentire”) è anche quello della verità. È vero che se si stabilisse una volta la verità nel mondo, non vi si direbbe quasi più nulla di quello che vi si dice. Ma allora è vero che non bisogna fidarsi troppo delle parole-pretese di verità.

La verità è scaturigine e filtro selettivo. I ricordi sono selettivi, la memoria è parte della psiche: ricostruisce ma costruisce, e inventa, qualsiasi sbirro sa che indurre al ricordo è perfino facile. Anche quello dei testimoni, è sempre una ricostruzione, e anche nell’onestà senza riserve si organizza in base al punto d’osservazione, e alla capacità di espressione, che agisce retroflessa, influenza le cose da dire. Con effetto cumulativo, anche la selezione si affina - come, altrimenti, si sarebbe scritta tanta allettante letteratura del ricordo? Il meccanismo è rappresentato in “Les Âmes mortes” da Giono, che non è citabile ma così è: vista da lui, vista da lei. Dipende da chi la racconta, la verità (realtà) si rovescia, e ogni rovesciamento è esso stesso nuovo inizio.

Wittgenstein – Porta notevoli “prove” dell’esistenza di Dio. Nel “Tractatus”: “Il senso del mondo dev’essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene”. La “forma logica” e la “forma morale” peraltro già non appartengono ai fatti del mondo: “L’etica è trascendentale”. Ancora nel “Tractatus”: “La risoluzione dell’enigma della vita nello spazio e tempo non può risiedere che fuori dello spazio e del tempo”. Perché “dio non rivela se nel mondo”. Ancora: “Noi sentiamo che, persino nell’ipotesi che tutte le possibili domande scientifiche abbiano avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure sfiorati. Certo, allora non resta più domanda alcuna, e appunto questa è la risposta”.
Il “Tractatus” si può dire sull’esistenza di Dio.

zeulig@antiit.eu

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