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Amore - “”Il più libero e il più dolce degli atti” umani per Rousseau pedagogo, un atto di grazia, la congiunzione tra la potenza (forza) e il pudore. La concezione fino a qualche tempo fa più moderna della femminilità, al cap. V dell’“Emilio”, la lega al pudore. Benché ne lasci la nozione indefinita, se non come stato di grazia. Altrimenti l’uomo – l’uomo e la donna – è come Beaumarchais dirà, al “Matrimonio di Figaro”, alla scena seconda dell’atto secondo: “Fare l’amore in ogni stagione, non c’è altro che ci distingua dalle bestie”. Che è vero, ma può indurre all’odierna aridità. Al deserto dei sentimenti, intelligenza compresa. Tutto è sterilizzato nella guerra dei sessi, che è odio, quand’anche fosse piena di buone intenzioni – odio di sé, solitudine.
L’amore lo stesso Rousseau dice “passione terribile, che nel suo fervore sembra dover distruggere il genere umano che sarebbe destinato a conservare”.
Barbarie – Più del male è il segno della non progressività (cumulatività) della storia. L’esempio più crudo è la regressione dell’islam, da religione compassionevole a strumento feroce di dominio (maschile, politico, nazionale), e del mondo arabo, rispetto ai suoi secoli d’oro, di ricchezza e civiltà. Ma non è il solo. Le società come gli essere hanno dei cicli vitali, perturbati. Una di queste perturbazioni, costanti, è la misantropia (sciovinismo, razzismo). Dello stesso ciclo vitale fa peraltro parte a buon diritto l’espansione (imperialismo), uno dei cui fondamenti è l’inadeguatezza dell’esistente circostante: la barbarie è anche un criterio d’inveramento e miglioramento.
Bellezza - La bellezza è promessa di felicità. Lo dice Stendhal, con Nietzsche, e non ha senso: è il solito tarlo del costruire, investire, differire, non si sa che cosa per non si sa chi, che magari si dice filosofia. Le bellezza è felicità. È verità: il corpo è democratico, la bellezza è aristocratica, è l’arte.
Bellezza Thomas Mann “impolitico” scrive in italiano. Per marcare lo sdegno: “La «bellezza»è per me roba da italiani e spaghettari dello spirito”, il Bel Paese è veleno per il nobile tedesco Thomas Mann. Ma Puškin poté morire duellando per la moglie sciocca, per sapere che la bellezza è aspirazione che nulla può sostituire, la foia l’attenua solo temporaneamente. La bellezza che non è Arden né Mary Quant ma la manifestazione della grazia. Molto ne parla Platone. Ma, chiosa Simone Weil, “ovunque è amore lì è bellezza sensibile”. E insomma, la bellezza è amore. Per Freud è bello ciò che eccita - qualcosa il poveretto intuì, inciampando nella bruttezza degli organi sessuali. Una statua greca o Marilyn discinta ispirano un amore che non può avere per oggetto la pietra o la carta. Ovvero sì, ma un amore insaziato, un orgasmo sovrasensibile che si rinnova inesausto: la statua è calda, il profilo in carne per essere il segno dell’amore. È la bellezza il metro dell’amore, i due sono reciprocamente legati.
È il riconoscimento, filo rassicurante della narrazione: l’estraneo che è l’essere più amato, noi non lo sapevamo ma lo sentivamo, l’essere dei sogni, il destino. La bellezza è un riconoscimento, anche se non sappiamo di che – ma il riconoscimento è sempre di Dio, e anche di Cristo, se la bellezza è l’Anima del Mondo, come Platone chiama il Figliuolo.
Corpo - Ha certo una anima. Estetica per i greci, magica per i primitivi, spirituale e filosofica per i mistici, ora, pare, psicologica. Ma secolarizzato, nel pansessualismo, nel femminismo, vibra meno d’una partita di calcio, e non elimina le tossine. Certo, non richiede coraggio.
La novità di un corpo può essere più attraente dell’amore e della bellezza.
Veniamo da cinque secoli di virtuismo verbale e la lingua è ostruita. Riforma, Controriforma, Borghesia, la regina Vittoria e l’America puritana hanno seppellito una metà delle parole e del mondo, quella del corpo. Boccaccio ai suoi tempi era un erudito e un moralissimo sociologo.
Sempre più spesso il corpo è disgiunto dal corpo. Per una perdita di senso prima che di desiderio.
La libertà facile è sospetta. Si è nudi come si è vestiti, secondo certi canoni. Ma si era nudi essendo vestiti, o viceversa, vestiti nella nudità. Il nudo era un tempo fantastico, simbolico, il colore variabile di una tinta, il proteismo delle forme. Nuda era pure la guerra: i Centauri si preparano alla lotta nei cartoni di Michelangelo poltroneggiando nudi al fiume. Pure Leonida alle Termopili sta nudo al vento, nella pittura di David. Oggi il corpo è funzionale all’atto, all’erezione. Schopenhauer, nella celebre chiosa che l’atto della generazione sta al mondo come la parola sta all’enigma, il grande arreton, con l’eta, il palese mistero del non detto, ricorda la tradizione che, da Plinio a Goethe, biasima l’atto, davvero non olimpico, e poco o nulla conoscitivo. Se non menoma lo stesso piacere: quanti, potendolo, godono nell’atto? Il corpo crea problemi, per metà o più della vita, se è l’atto del sesso. Il sesso è selettivo, e antidemocratico: lega la libertà.
Si può recriminare. Il corpo è anima. Dopo sant’Agostino o Marsilio Ficino, e prima. Altrimenti è pelle e ossa, e acqua.
Dio - Va interpretato. Per il biologo inglese sir John Scott Haldane è “inopinatamente appassionato di scarafaggi”. Avendone creato uno o due milioni di specie, contro neppure cinquemila mammiferi. La Bibbia non fa Dio in polpe e parrucca ma simile all’uomo, e quasi un padre, che lo porta ai giardinetti. C’è indubbia una somiglianza tra Dio e le cose, nasce da qui l’analogia. E la comunione, che è il fondamento d’ogni santità, l’identificazione, per quanto abusiva. Anche Dio insomma è complicato. È vanitoso, dice san Paolo ai Romani: “La creazione fu sottoposta alla vanità, non di sua volontà, ma a causa di colui che ve la sottopose”. È del resto liberale, e ha più pazienza d’ogni altro essere: ci si può prendere con lui molte libertà. È simpatico. Ma un mistero che resti misterioso sa di truffa. E Dio assimila al diavolo lo stesso Padre Nostro: il buon cristiano gli chiede di non indurlo in tentazione. Anche Dio ha dei limiti.
Ozio – Tema classico, è il tempo non tempo, la pausa. Negli animali, dal leone al ghiro, è genetico. Forse per questo sono animali? Ma l’ozio nutre il corpo e anche l‘anima, rispose Orazio. L’ozio alla latina, il tempo fuori dagli impegni. Dalla giornata senza tempo che fa lo scheletro nervoso e mentale d’ognuno, e il suo biglietto da visita.
Tempo – Ogni sette anni muta il corpo umano, e con esso l’idea che uno ha di sé e del mondo. Ma non ogni sette anni, di seguito, nell’arco di sette anni. Non siamo esenti dal tempo, la quarta dimensione è un fatto, non siamo gli stessi la mattina e la sera: gli inglesi sanno che alle cinque è l’ora dei cocktail e non del tè, a quell’ora l’alcol è tonico. Senza l’esserci l’essere non è. E dunque l’esserci è - se io non sono, chi sono? e chi sono in questa o quell’ora del giorno o della notte?
Verità - Il senso della vita sta nella dissoluzione del problema del senso della vita, in altro modo Wittgenstein lo spiega. O il vescovo Berkeley, quale secoli prima il poeta Rumi ha predetto: “Sono colui che tende la rete e sono l’uccello, sono l’immagine e lo specchio, il grido e l’eco”. E Schopenhauer, con la vaghezza che lo caratterizza: “Un solo essere sono il torturatore e il torturato”. Il che è diverso, essendoci un atto, spesso doloroso e talora mortale, di uno solo dei due. Ma ci si riunisce fuori dal sogno, tornando alla casella base, al punto dell’origine del mondo. Che Dio sicuro non ha creato, non poteva farlo per cattiveria, poiché è buono, né per bontà, giacché nel mondo c’è il male. Il che non vuol dire che Dio non esiste: il mondo lo invidia appunto perché è altra cosa.
zeulig@antiit.eu
giovedì 22 dicembre 2011
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