Standard and Poor’s federatore esterno dell’Europa non è una comica, è un fatto. E non senza ragione.
In attesa dei vertici europei di fine settimana Standard and Poor’s ha dunque annunciato che potrebbe declassare la Germania, il debito tedesco, la solvibilità tedesca. Da non credere ma potrebbe avvenire, è già avvenuto per gli Usa. Con una mezza novità, tuttavia: Standard and Poor’s ha fatto l’annuncio, dichiara, fa dichiarare inopinatamente dai suoi responsabili, per spingere l’Europa a prendere in fine settimana le decisioni tanto attese, una qualche forma di consolidamento europeo del debito – l’altra mezza novità è che analoga decisione prese per fare pressione sul Congresso Usa per analoghe decisioni stabilizzatrici.
È il segno della rete, della tela, della ragnatela, del mercato, che ha avvolto il mondo. Inopinatamente, nel segno della libertà.
Tutti regolano dall’esterno tutti: la Germania l’Italia (o i ridicoli Sarkozy-Merkel il ridicolo Berlusconi), gli Usa il mondo islamico, la Clinton Putin, Standard and Poor’s il Congresso Usa e la Ue. Non una novità integrale: è il modo d’essere delle relazioni internazionali. Nuovissima è la pretesa di farlo nel nome del diritto, delle regole. Che ognuno si surroga, chi può.
È il cosiddetto deficit di democrazia nel mondo delle tecnocrazie: non decidono i popoli né i governi, non decide la politica, decidono “i mercati”. Anche questo tema non è nuovo, giacché fu posto quasi un secolo fa, da destra (Jünger, Burnham), polemicamente. Ora s’impone senza limiti, e nel nome della libertà: non surrettizio né prevaricatore, ma dichiarato e giustificato.
La critica di un secolo fa fu liquidata come antirazionalistica. Ora la razionalità della tecnica si è dissolta, ma non la sua forza. Che configura nella fattispecie, nel diritto internazionale, una delle tante forme ora prevalenti del diritto di intervento, invece che del non intervento, come nuova base di quel diritto. E cioè una nuova forma della Forza. Questa avvolgente e subdola come prima, solo in attesa di un nuovo Hobbes.
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