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sabato 17 dicembre 2011

La Russia nella tenaglia tra Usa e Germania

La Russia è infine promossa dalla condizione di osservatore, nella quale si trovava con Vanuatu, le Seychelles e il Vaticano, a quella di membro dell’Organizzazione del commercio mondiale (Wto). A quindici anni dalla domanda di ammissione, a sedici dalla costituzione della Wto. Potrà infine semplificare le proprie esportazioni, e invogliare gli investimenti stranieri nel proprio territorio. Come l’Ucraina, che da tempo invece era stata ammessa alla Wto, o l’Albania. Mentre la domanda d’ammissione della Russia veniva pervicacemente respinta. Una vicenda non da ridere: è la storia contemporanea dell’Occidente e dell’Europa, benché, curiosamente, media e studiosi la distorcano.
Si scrive e si dice che la Russia è stata tenuta fuori della Wto perché non garantisce abbastanza i diritti civili. Come se la Cina, membro privilegiato dell’organizzazione, li garantisse. O i tanti paesi dell’Africa e dell’Asia che ne fanno parte a titolo promozionale. Si dice anche che non garantisce gli investimenti stranieri contro la corruzione. Mentre della Wto sono membri onorati i paesi della penisola arabica nei quali la corruzione è legale. E i paradisi fiscali: Antigua, Barbados, Grenada, la Saint-Lucia dell’affarista Lavitola, e i tanti altri santi caraibici.
La Russia postsovietica è rientrata nel gioco degli equilibri di potenza, che precedevano la guerra fredda. Antagonizzata dagli Usa, come un tempo dalla Gran Bretagna, e dalla Germania. Senza più il gioco di sponda che nell’Otto e Novecento aveva trovato spesso con la Francia, la quale è ora nella “sfera d’influenza” tedesca, senza residui. E anzi antagonizzata dall’Europa intera, si può dire se si guarda alle geografia dell’Ue, così piena di membri ex sovietici, tradizionalmente antirussi.
Se Putin cercherà, come dice, un accordo con la Ue, avrà molto da lavorare. Gli Usa sono sempre fieramente avversi a ogni accordo economico con la Russia. Ma anche l’Europa germanocentrica sarà un grosso ostacolo. La Russia paga ancora per la “minaccia comunista”. Che è la vera storia recente della Germania, la storia di tutta la Repubblica federale – non la Colpa, alla quale viene acculata, le responsabilità del nazismo. La Germania federale ha vissuto fino al 1989 nell’incubo della Russia, per di più comunista. Un tedesco su sei era profugo dell’Est, e i russi erano a Berlino, con tutti gli euromissili.

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (111)

Giuseppe Leuzzi

Il Sud funziona sempre. Il Sud del mondo: balletti, musica, viaggi, onlus. Funziona soprattutto a Milano, che sa come sfruttarlo. Il Sud come mercato. Da cui prendere senza dover dare, e docile, pronto a comprare tutto.

Già a fine Ottocento Salvemini rilevava (“La sinistra e la questione meridionale”) “troppi” laureati al Sud. Troppe famiglie che, speso privandosi di tutto, volevano assolutamente laureare il figlio. Una sfida che, invece di rafforzare la società meridionale la indeboliva: nel momento della formazione del laureato, dei sacrifici, dei debiti, delle scelte univoche, e dopo, quando il laureato, socialmente sradicato e isolato, deve farsi strada tra migliaia di altri laureati per il “posto”. Come di un capitale applicato male e sempre nell’incertezza. O un progetto dalla fondamenta infide.

Rimasti nella storia incidentalmente, in uno degli “Scritti dispersi” di Corrado Alvaro, sono ora oggetto di un libro, con cd, di Francesco Lotoro e Paolo Candido, “Fonte di ogni bene. Canti di risveglio ebraico composti dal 1930 al 1945 a Sannicandro Garganico”. A Sannicandro non sono rimasti più di una diecina di convertiti ebrei. E quelli emigrati nel 1948 in Palestina, ormai di terza generazione, hanno dimenticato le origini italiane. Ma il fatto è vero: un bracciante cantastorie di Sannicandro, semianalfabeta, Donato Manduzio, che dalla Bibbia è portato negli anni Trenta a un suo personale ebraismo, al quale converte molti compaesani, una ventina di famiglia, finendo alla Liberazione per essere accettati dal rabbinato di Roma e circoncisi. In gran parte poi emigrando nel ’48, per “difendere Israele” contro gli arabi.
Antonio Moscato e Maria Novella Pierini fecero di Manduzio negli anni Sessanta un rivoluzionario (“Rivolta religiosa nelle campagne. Il movimento millenarista di Davide Lazzaretti. La profezia neo-ebraica di Donato Manduzio, Samonà & Savelli, 1965). Ma la storia vera, per molti aspetti affascinante, è in “San Nicandro. Histoire d'une conversion, 1993, della storica francese Elena Cassin, tradotta parzialmente nel 1995 dal Corbaccio.
C’è sempre al Sud il desiderio di essere qualcos’altro che quelli che si è, contadini, pugliesi, cattolici – un po’ biblici un po’ no. E l’emigrazione come una vera cesura, totale, malgrado i paisa’, le mamme e gli spaghetti.

Se la politica ha un costo, causa ne è la Sicilia. Il “Corriere della sera” lo sostiene imperterrito, il 9 dicembre con la migliore firma, Stella: “Lo ricordino, Mario Monti ed Elsa Fornero: se non obbligano la Sicilia ad eliminare immediatamente questi bubboni ogni loro sforzo per spiegare che la crisi planetaria è così grave da obbligare a pesantissimi sacrifici sarà inutile”. L’indignazione gonfia la penna dello Scrittore. Che continua: “Peggio: grottesco”. In effetti, è grottesco.

Napoli
Quando il Procuratore di Reggio Calabria Pignatone ha posto la sua candidatura a Napoli, subito gli è arrivato da Napoli un avviso di garanzia. Un avviso mafioso. Spavaldamente esibito. Pignatone, che di mafia è esperto, ha dirottato la candidatura su Roma, e l’avviso è scaduto.
La Procura di Napoli dev’essere tenuta libera per Mancuso. Ora parcheggiato nella vicina Nola, Mancuso è famoso per aver liquidato un altro intruso a Napoli, il suo capo Cordova, ex Superprocuratore e per di più calabrese. Oltre che per aver scagionato il figlio denunciato dalla polizia per violenze in una manifestazione. Andava a caccia con un camorrista di Scampia, ma questo è risultato irrilevante.

Al museo archeologico di Baia ci sono cinque ragazze per fare due biglietti, in un’ora. Quattro di loro insegnano alla quinta, lavoratrice socialmente utile, a staccare il biglietto all’entrata.

Al baretto del Museo l’addetto ha giacca verde e papillon nero su camicia candida. Non sa fare il caffè e non se ne preoccupa. Alle rimostranze obietta:
- È il mio primo giorno di lavoro.

All’Orientale di Napoli il centralino è affidato a una signora che ribatte, più polemica che agitata:
- Ma che ‘nne sacce ie? M’hanno messe qua…

In albergo la ragazza, mezzo discinta alle nove e mezza, serve la colazione. Che consiste in un cappuccino e un cornetto. Il cornetto è vecchio, secco.
- A me m’hanno detto di servirli cominciando dall’inizio della scatola – si schermisce, e non lo cambia.

Le proteste (per la violenza, il disordine, la prevaricazione) offendono Napoli, se uno legge “Il Mattino”. Solo i napoletani possono, con limiti, criticare Napoli. Sembrerebbe arroganza, superbia senza dignità. Ma è spinta fino all’autodistruzione: non è chi non veda che napoletani sono i carabinieri inefficienti, i neghittosissimi magistrati, i medici della malasanità, e l’infinita teoria del pagliettismo che si è appropriata la giustizia.
O non è inefficienza, né neghittosità, né indifferenza? Difficile immaginare un popolo prevaricatore. Difficile immaginarlo ma esserlo no.

Negozio di chincaglierie simpatico alla Solfatara di Pozzuoli. Arredato con semplicità all’antica, con scaffali di legno, vende le antiche cose, conchiglie, coralli, etc., un assortimento vastissimo e attraente. È tenuto da giovani, informati e corretti. Sembra un’idea, più che un negozio qualsiasi di ricordini. Alla domanda:
- Siete una cooperativa? – La risposta è pacata:
- Una cooperativa? No no, noi lavoriamo.

“Napoli è la piaga del Mezzogiorno”: così Gaetano Salvemini, allievo e intimo di Pasquale Villari, napoletano eminente, in “Cocò all’università di Napoli o la scuola della mala vita”, il suo primo articolo per “La Voce”, 31 dicembre 1908 (ora (in “La sinistra e la questione meridionale”).
“Cocò” è una satira. Ma rifà le “Lettere Meridionali” di Villari di quasi cinquant’anni prima, subito dopo l’unità.

Scilla sarà a Cartagine
I Martiri Scillitani furono i primi martiri cristiani in Nord Africa, dodici. Subirono il martirio a Cartagine, il 17 luglio 180, decapitati. E sono ricordati dal primo regesto della chiesa, gli “Acta Martyrum Scillitanorum”, o “Acta Sanctorum Scillitanorum”, trascrizione in latino degli atti del processo. Che fu giudicato dal proconsole Vegellio Saturnino. Gli “Acta” costituiscono il più antico documento della letteratura cristiana latina, e sono il più antico testo latino che menzioni una versione di testi biblici (“Libri et epistulae Pauli”, i libri e le lettere di Paolo).
Nulla i documenti dicono sulla loro provenienza. Che i commentatori vaticani s’inventano allora essere una possibile comunità cristiana di un toponimo ignoto della Numidia, detto Scili o Cillium (in questo secondo caso per farlo coincidere con l’odierna Kasserine in Tunisia) – così Domenico Minuto lamenta sull’ultimo “Calabria Sconosciuta”, n.131. Scilla non è menzionata, che è invece: 1) toponimo unico, 2) conosciuto in tutta l’antichità, via Omero, 3) dell’area reggina, che san Paolo visitò due volte e catechizzò.
Questi i nomi dei martiri: Speratus, Nartzalus, Cittinus, Veturius, Felix, Aquilinus, Laetantius, Ianuaria, Generosa, Vestia, Donata (sintetizzò la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica: “Honorem Caesari quasi Caesari; timorem autem Deo”), Secunda. Sperato è probabilmente il catecumeno o sacerdote della comunità: nel processo sostenne in gran parte l’interrogatorio, ed è quello che afferma di avere avuto libri e lettere di san Paolo. San Sperato è anche un quartiere di Reggio. Che è l’unica città che lo ha in calendario, il 15 luglio.
A Scilla vorrà fare tappa, fuori dall’itinerario, san Gerolamo in viaggio verso la Terrasanta. La città era peraltro già menzionata nella Tavola Peutingeriana, la mappa segreta del cristianesimo fatta redigere agli inizi del III secolo, come Domus Ecclesiae, una delle 28 allora esistenti. E poco dopo forniva altri due martiri, giustiziati in Spagna, san Cucufante (san Cugat in catalano) e suo fratello san Felice. Anche loro scillitani, ma secondo i commentatori vaticani di qualche sperduto borgo Scili o Scilicum, localizzato non si sa dove.

leuzzi@antiit.eu

venerdì 16 dicembre 2011

L’occhio di lince appannato in Lévy-Strauss

Mostra dopo vent’anni evidente il limite dello strutturalismo, di cui è applicazione apicale, in quanto (ultimo) bastione sistematico, tentativo di pensare per sempre. Pur con i punti curiosi che mai mancano in Lévy-Struss e ne fanno il fascino. Il più curioso è l’assunto del libro: la persistenza delle gemellarità nei miti amerindi, del Canada, del Brasile, del Perù, di fratelli gemelli che però si differenziano e anche si contrastano. Figurazione nella quale l’antropologo rileva il “pensiero dell’altro”, l’impossibile insularità dell’io. Poi c’è l’animalismo, anch’esso persistente. E la francofonia inconscia – c’è molto di franco-canadese, non dissimulato peraltro, nelle “mitologie” degli amerindi nord-occidentali. Un fatto che avrebbe potuto portare l’antropologo, con un minimo di ironia, a storicizzare miti e costanti, invece di assolutizzare. Nello stesso “pensiero dell’altro” accogliendo le migrazioni, a maggior ragione se imperialiste, impositive. Lévy_Strauss arriva invece a immaginare una mitologia a puzzle, lasciando in bianco il posto dei bianchi, invece di accettare che anche il mito è dinamico.
La gemellità è doppiamente imbarazzante. Porta un marchio famoso, di Dumézil, trasponendolo in abito strutturalista, cioè razionalista. Ma fare l’antropologo descrittivo, e per di più tradizionalista, è diverso dal fare il sistematico.
Claude Lévy-Strauss, Storia di lince

Ombre - 112

Si perquisiscono “le case” di Lino Iannuzzi perché qualche Procuratore della Repubblica, o qualche sbirro, lo vuole mafioso. Per molto meno il sindacato dei giornalisti ha protestato, per Iannuzzi no. Iannuzzi mafioso ci mancava: troppe inchieste di troppi giudici ha dimostrato fasulle.

Della Valle è andato all’incontro della pace sul calcio promosso dal Coni convinto che il professor Guido Rossi avrebbe riconosciuto la sua partigianeria. Pur sapendo che Rossi è l’avvocato dei potenti. Non sarà una commedia degli equivoci?
Della Valle ha subito un danno notevolissimo, e personale, dagli “errori” di Rossi: tutto quello che aveva investito nella Fiorentina è andato in fumo, e non ha potuto recuperarlo (avrebbe dovuto fare nuovi investimenti). Ma non ha mai pensato di chiamare ai danni la Figc, o Rossi.

Il Csm assolve il Procuratore di Bari Laudati dall’accusa di aver boicottato il processo a Tarantini per le escort di Berlusconi. Ma non mette sotto accusa l’accusatore, l’ex Procuratore Giuseppe Scelsi – detto Pino dai suoi cronisti, che sono donne. Il giudice, ora in forza alla Procura Generale di Bari, che s’inventò la D’Addario, convocando il “Corriere della sera” e poi gli altri grandi giornali, il giorno dopo che il suo compare Emiliano, l’ex giudice dalemiano promosso sindaco di Bari, era stato costretto al ballottaggio dallo sfidante berlusconiano.
Si è perduta anche l’inchiesta a carico dell’ufficiale della Guardia di finanza che mediava tra Scelsi e i cronisti giudiziari – tutti donne – del caso D’Addario.

Il professor Monti si schermisce in Parlamento dalle accuse di tassa i poveri arieggiando la Tobin Tax, la tassa sulle attività finanziarie. Che lui meglio di ogni altra, avendola studiata, sa che è inapplicabile. Ma questo non si dice, Monti dev’essere “tutti noi”.
Monti liberalizza anche, osanna, ma solo le edicole.

Banti, arbitro notoriamente “milanese” (antijuventino), è mandato a Genova a fare, letteralmente, la partita a favore dell’Inter. Senza vergogna.

È in atto da cinque e forse sei anni il superboom delle materie prime, alimentari (grano anzitutto), energetiche, metallifere. Ma il “Financial Times” ce lo propone solo adesso, “The commodities markets super-cycle”, con supplementi speciali e schiere di specialisti: “I mercati delle materie prime sono l centro di un «super-ciclo» - la crescita drammatica dei prezzi dell’energia, gli alimentari e i metalli”. Non se n’era accorto? Certo che sì.

Parvenu in un club di signori”: nemmeno il freddo professor Monti si evita il sarcasmo di fronte ai suoi colleghi europei. Quei vertici Ue devono puzzare molto.

La Banca d’Italia spiega che la manovra è recessiva. È vero, ed è grave. Ma non bisogna disturbare il guidatore: la Banca d’Italia non merita più che poche righe, svogliate.

Manie da guerra fredda lamenta Putin di Hillary Clinton, che non è nessuno, è ministro degli Esteri Usa. Hillary Clinton si è intromessa, lamenta Putin, nelle elezioni russe, con fiumi di danaro.
Sembra una bufala e invece è possibile. L’Europa ancora freme per la rivoluzione arancione in Ucraina, Yushenko e Timoshenko – dei quali l’Ucraina Ancora sconta l’incapacità e la corruzione. La sola cosa che all’ambasciata Usa a Roma interessa dell’Italia sono gli acquisti di gas dalla Russia.

Negli Usa un condannato a morte ottiene la revisione del processo perché nella giuria che l’ha condannato uno dormiva e uno chattava. Che civiltà!

Il riportone di Moavero, le sventole di Giarda, le lacrime corrugate della Fornero al tg, dopo i sorrisi spensierati a “Ballarò”, Monti ha messo un teatrino di forti maschere. Ma niente, non riesce a scuotere i comici. Da Benigni in giù sono orfani di Berlusconi: se non gli dice lui cosa dire, non sanno che.

Nessun governo ha osato tanto, mettere mano ai diritti acquisiti in materia di pensioni. Che sono per la loro gran parte una forma assicurativa, e quindi intoccabili. . Ma la Cgil questa volta tace – il partito non vuole? Mentre protestano gli altri sindacati.
Tagliare i diritti acquisiti è anche illegale, e forse incostituzionale. Ma nessun Adusbef o Codacons protesta e promuove cause. Anche queste “associazioni di consumatori” sono cascami del sovietismo?

giovedì 15 dicembre 2011

La “donna islamica” è islamica

Alla Rai e sui giornali sociologhe e femministe plaudono alla copertina di “Time” dedicata alla figura della contestatrice nel 2011, scambiandola per la “donna islamica” che intendono donna liberata. È l’equivoco della “Primavera” araba: la “donna islamica” è islamica, col velo e tutto, non obietta al ritorno alla sharia, la legge islamica, con minime correzioni, scende in piazza in massa, e si mette in fila alle elezioni, per sostenere gli islamici. Perché così comandano il padre e il marito ma non necessariamente.
Nei paesi arabi e negli altri del Vicino Oriente: in Iran come in Turchia, in Pakistan, in Tunisia e ora in Egitto le donne sono la grande riserva elettorale dei partiti islamici. Le avvocatesse e le dottoresse che hanno parlato alle televisioni durante la Primavera sono le donne laiche nel mondo arabo. Poche, quasi tutte di minoranze religiose, e destinate all’esilio, quando non saranno più protette dai militari.

L’Europa, il Quarto Vuoto dell’Occidente

La grotta della Natività a Betlemme restaurata dai palestinesi, coi soldi sauditi, dopo un secolo e mezzo di abbandono, sono l’ultimo segno di decadenza. Nell’Italia che si affanna contro chiese e oratori, dai quali vorrebbe l’Ici, si può pensare la trascuratezza verso i simboli religiosi un fatto di laicismo. Ma l’Europa che rinuncia alle sue radici cristiane è solo sciocca (col contorno di Israele, che ha boicottato la progettazione del restauro). Non laica, non c’è scritto in nessun posto che la laicità debba essere stupida – l’Europa la usa come rivalsa o vendetta, contro chi non si sa di preciso, la stessa voglia matta che l’ha portata, poi, a rinunciare alla costituzione politica dalla quale aveva espunto le radici cristiane. Un’Europa, al più, pusillanime. Ma c’è di peggio.
L’Europa, esclusa l’Unione Europea che oggi sembra non ci sia mai stata, è cinquant’anni di storia inutile, dopo la decolonizzazione, all’insegna del neo colonialismo. Pura agitazione stupida, intempestiva, sanguinosa, da giapponesi perduti nella giungla, in un mondo globalizzato. Per l’Europa, nell’Occidente e nel mondo, senza alcun beneficio. Una sorta di Quarto Vuoto dell’Occidente, quella parte del deserto arabico dove nessuna forma di vita sopravvive. L’Occidente nel mondo globalizzato non gioca più un ruolo assoluto. Ma peggio fa l’Europa, che al più vi si affaccia ancillare degli Usa - i quali un progetto comunque hanno, seppure sempre più asfittico, nei confronti dell’America latina, del Medio Oriente fino al Pakistan, dell’oceano Pacifico, dell’Africa, l’imperialismo esercitano in un progetto.
In Libia si è giunti al ridicolo. Libia. Col capofila Sarkozy che pensava a una guerra lampo e alla fine, scosso dall’assassinio del generale Abdel Fattah Yumes, il generale ucciso dagli altri congiurati, pensa di ritrarsi. Ma ne viene dissuaso da Bernard-Henri Lévy, giornalista e filosofo, un intellettuale che celebra n Libia “la penna e la spada”. Roba da non credere: una guerra “concepita” fino al dettaglio, da un “filosofo della libertà”, così lo stesso Lévy fa valere nel pronto libro di memorie. O, sempre per restare alla Libia, un Obama poco convinto che viene soggiogato da Hillary Clinton, ex senatrice di New York.
Con contorno di mortificanti dettagli illustri. Prima di Lévy un solo intellettuale si fa ricordare in guerra, Chateaubriand che nel 1823 fece invadere la Spagna rivoluzionaria. Ma Chateaubriand non comandava le operazioni dall’Eliseo, né si fece immortalare, come Lévy a più riprese, in posa, tra le rovine e i mutilati che lui ha voluto, in abito di taglio sartoriale a piombo, e la camicia candida a collo alto aperta che ne è il marchio. Un Lawrence di Libia senza cavallo ma con molti fotografi al seguito. Che nelle sue smargiassate umanitarie coinvolge – è un profittatore? un provocatore? un agente segreto? - il Centre Répresetatif del Institutions Juives de France (Crif).
La Libia è l’ultima di una serie di guerre che l’Occidente ha condotto con continuità, e l’Europa per esso con cecità, anche se con sufficienza. In Costa d’Avorio due o tre volte, in Iraq due volte, in Afghanistan due volte, e non è finita, in Sierra Leone, in Serbia, nel Congo ex Zaire a lungo e in varie circostanze, nella stessa Libia quarant’anni fa, dopo il golpe di Gheddafi, a Cabinda e in varie altre località africane, con soldati propri e con mercenari. E in America latina ovunque, a Panama e Grenada coi marines, in Brasile, Argentina e Cile coi locali generali.
Guerre non inutili. Fanno infatti tanti morti, benché “pulite”, aeree per lo più, o golpiste (golpe organizzati, come l’ultimo in Libia) E sono letali per l’Europa, direttamente e indirettamente, rinnovando, dentro e fuori, il suo gretto spirito coloniale, se non razzista, e l’odio che esso suscita.

La casta giustizia non c’è

I banchi delle novità in libreria straripano di testi di cui non se ne può più. Un terzo sulle mafie compresi gli impresentabili ‘ndranghetisti, gente di nessun fascino. a cinquantina sulla mafia. Un terzo sul solito Berlsuconi, che ci occupa da vent’anni (gli Editori Riuniti fanno l’ennesima rentrée con una serie dedicata ai berlusconiani: a quando i figlie, le nuore, i generi?). E un terzo sulle caste, o sulle malefatte della politica, anche quando non fa nulla, per il solo torto di esistere. Anche a voler soltanto regalare un libro, non leggerlo, che comprare?
Le librerie, che potrebbero rifarsi in queste feste di crisi, poiché i libro costa sempre meno dei vestiti, dei telefonini e dei computer, vogliono scoraggiare la domanda? O va il libro deprimente? Il politicamente corretto dev’essere deprimente? Poco informato, scolastico, ripetitivo. E poi, soprattutto, perché non c’è un libro, uno solo, sulla casta dei magistrati? Sulla casta cioè per eccellenza. Con le auto blu, i doppi incarichi (anche tripli), i lauti arbitrati, l’indicizzazione piena sulle lauti pensioni, il galleggiamento e il trascinamento, il carrierismo come unica ambizione (cento Procure antimafia invece di una, e ora cento Procure anticorruzione, perché no, e centro antievasione - fiscale s’intende, per le altre bisogna lavorare). C’è un motivo?
Chi ci ha tentato, Stefano Livadiotti con “L’ultracatasta” e il giudice torinese Bruno Tinti con “Toghe rotte”, quattro anni fa, in epoca di Ulivo, non ha avuto eco cui Grandi Giornali dei Grandi Editori ed è divenuto subito irreperibile. Eppure i lettori sanno di che si tratta, che nei referendum sui giudici votano sempre contro all’80 e al 90 per cento.

mercoledì 14 dicembre 2011

Secondi pensieri - (84)

zeulig

Amore – È passione democratica. La concezione per eccellenza dell’amore, comune a tutte le letterature note, è tragica, sotto le forme dell’abbandono, del tradimento, dell’incostanza, della gelosia: l’amore è catastrofico, malefico, dannato, l’amore è morte. Che non c’entra propriamente con l’amore, ma con altre pulsioni. Di cui l’amore viene ad essere il cappello e il collante in quanto pulsione universale e accettata, eticamente, non esclusa e anzi ambita e raccomandata. E in quanto corpo universale – di ognuno, belli e brutti, spirituali e materiali, intelligenti e stupidi – è minuziosamente, infinitamente, sezionabile e sezionato, scomposto, analizzato, invocato come un santo o un miracolo, vituperato.
La più lunga storia d’amore in letteratura, quella di Proust e Albertine, non ha un momento di gioia o rilassatezza, sempre avvinta al dubbio – non infondato peraltro, e anzi cieco. Ciò si lega al mondo di Proust, il cui tormento è la menzogna, e alla concezione che dell’amore ha Proust, di un’illusione se non di un autoinganno, e tuttavia prezioso in quanto tiene in vita, alimenta e rafforza gli spiriti vitali. L’amore è l’innesco della sofferenza, che sola per Proust alimenta la vitalità, quando il ricordo del tempo perduto ha esaurito i suoi effetti di blanda euforia. Non molta, non acuta, per malattia, guerra, malvagità, ma un po’, meglio se coltivata – l’hobbesiana “guerra di tutti contro tutti” Proust la concepisce e la vice come snobismo….
Una concezione speciale ma non isolata: come ogni altra passione, ma di più per la sua universalità, la sua diffusione, anche l’amore c’entra in ogni disperazione. Il fattore principale delle dissoluzioni oggi delle unioni d’amore, matrimoni o convivenze, è portare nel nucleo interno, di coppia e o di famiglia, le tensioni esterne: dai soldi che non bastano mani al lavoro che non c’è e se c’è non soddisfa, all’autobus che non passa, o al tempo, che sempre è troppo freddo, o troppo caldo. L’amore è una proiezione di se stessi in realtà, che però non si è in grado di governare e attraverso la quale si è anzi governati. Con effetti a volte benefici, ora come sembra prevalentemente venefici. Ognuno, anche il sadomasochista di Proust, cerca il piacere, e lo cerca correttamente al di fuori di sé (in sé è troppo facile). Ma spesso cade male, il mondo è pieno di sorprese, le persone pure. O si muove senza giudizio. Né la ricerca è facile, essendo sempre quelli i criteri, per prove ed errori.

Giudizio - Kant spesso diceva sciocchezze, si sa, perché fondava l’esperienza sull’apriori, le cose già sapute. Avere un buon giudizio è utile quando ci si muove al buio: gli spazi, gli oggetti, si trovano in base all’idea che se ne ha. Ma intanto il sole non tramonta mai, questo l’aveva già scoperto Copernico. E poi, per dirne una, che male gli avevano fatto i neri per averne cattivi apriori? Aveva pregiudizi, anche lui. Ma il pregiudizio c’è. Nonché i noti artifici dell’esposizione, per quanto semplificata: barzellette, doppi sensi, giochi di parole, la stessa mossa del varietà, gli hapax, lo slang e gli altri usi succulenti, locali e di gruppo, della parola, rebus, agiografie, centoni, innari, immagini e ricordi accidentali, la stessa mimica della conversazione. E i refusi, che si nascondono nel testo confidando nell’inavvertenza di redattori e correttori - i “corruttori di bizze” – e creano coi loro misteri inesauribile filologia. La moglie del sardo che in realtà è la moglie del sordo, invenzione di Larbaud, che trascorrerà afasico gli ultimi vent’anni – che il “Corriere della sera” attribuisce a Grazia Deledda (il “Corriere della serra”, che non è un refuso ma la citazione corrente del giornale in francese).

Morte – Il pensiero della morte – in realtà un lutto non elaborato – è venuto crescendo col consumo di antidepressivi, che ogni decennio in Italia da quarant’anni raddoppia. Per motivi ignoti (il risveglio dopo il Sessantotto, la volontà di non cedere alla mediocrità invadente, la crisi politica e di appartenenza, la crisi economica come tema costante – l’economia è sempre “in crisi”?) ma di certo legati all’affluenza. Che induce i riflessi lenti e la civiltà dei diritti.
Casanova scriveva: “Detesto la morte, perché distrugge la ragione”. Il pensiero della morte rovescia la vita.

Rivoluzione – La rivoluzione politica viene con la borghesia. Non c’era prima, fino a tutto il Settecento.

Scoperta - L’invenzione viene ora ridotta etimologicamente a ritrovamento, come a dire: “Nulla di nuovo”. E invece no: è una conoscenza nuova, in quanto, passando per l’astrazione, studiare la caduta dei pesi nel vuoto, per esempio, passa per l’ignoto. È ricognizione dell’esistente, l’uomo non è creatore, ma intrepida e fantastica.

Storia
– È la scienza (letteratura) più inattendibile, che alcuni vorrebbero maestra di vita. L’Occidente, che Heidegger fa cominciare da Eraclito, cancella quasi mille anni, una metà della sua storia, dopo il 410 e fino al Due-Trecento, chiamandoli Medio Evo, che dice barbarico e oscuro. Con la parentesi di sant’Agostino. Li hanno cancellati i massoni, e i preti si sono lasciati fare – hanno ancora il complesso di Rutilio Namaziano, del suo orgoglioso ritorno pagano. Si cancellano i bizantini, il romanico, e an-ìche i saraceni. Il caso Giotto si risolve facendolo discepolo di Cimabue, Dante non si sa. Si è tentato con Brunetto Latini, ma è maestro debole, e con Virgilio, precursore anche lui di un puer straordinario, che però era Augusto, l’imperatore. È un altro Rinascimento, in questa rimozione-decostruzione, un altro Occidente. E una volta messo in moto - ogni meccanismo è implacabile - moltiplica fossati e torrioni. Col dogmatismo malleabile dei pionieri - lo spiega bene il western con i detti biblici e ogni altra specie di “sortes virgilianae”: qualsiasi evento ne prova la verità.

Verità - Il paradosso del mentitore (tutti i cretesi sono bugiardi, dice Epimenide cretese: “Vi posso assicurare senza mentire che non ho detto mai nessuna verità, se non per mentire”) è anche quello della verità. È vero che se si stabilisse una volta la verità nel mondo, non vi si direbbe quasi più nulla di quello che vi si dice. Ma allora è vero che non bisogna fidarsi troppo delle parole-pretese di verità.

La verità è scaturigine e filtro selettivo. I ricordi sono selettivi, la memoria è parte della psiche: ricostruisce ma costruisce, e inventa, qualsiasi sbirro sa che indurre al ricordo è perfino facile. Anche quello dei testimoni, è sempre una ricostruzione, e anche nell’onestà senza riserve si organizza in base al punto d’osservazione, e alla capacità di espressione, che agisce retroflessa, influenza le cose da dire. Con effetto cumulativo, anche la selezione si affina - come, altrimenti, si sarebbe scritta tanta allettante letteratura del ricordo? Il meccanismo è rappresentato in “Les Âmes mortes” da Giono, che non è citabile ma così è: vista da lui, vista da lei. Dipende da chi la racconta, la verità (realtà) si rovescia, e ogni rovesciamento è esso stesso nuovo inizio.

Wittgenstein – Porta notevoli “prove” dell’esistenza di Dio. Nel “Tractatus”: “Il senso del mondo dev’essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene”. La “forma logica” e la “forma morale” peraltro già non appartengono ai fatti del mondo: “L’etica è trascendentale”. Ancora nel “Tractatus”: “La risoluzione dell’enigma della vita nello spazio e tempo non può risiedere che fuori dello spazio e del tempo”. Perché “dio non rivela se nel mondo”. Ancora: “Noi sentiamo che, persino nell’ipotesi che tutte le possibili domande scientifiche abbiano avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure sfiorati. Certo, allora non resta più domanda alcuna, e appunto questa è la risposta”.
Il “Tractatus” si può dire sull’esistenza di Dio.

zeulig@antiit.eu

Il mondo com'è - 77

astolfo

Antipolitica – È una politica. La politica dell’antipolitica è già in Salvemini, in “Cocò all’università di Napoli o la scuola della mala vita”, il saggio satirico col quale inaugurò la collaborazione a “La Voce di Papini e Prezzolini il 31 dicembre 1908 (ma i temi della satira sono già tutti nelle “Lettere meridionali” di Pasquale Villari del 1962). “L’azione politica degli spostati ha una grandissima importanza nella società moderne, perché, non avendo nulla da fare, fanno per tutto il giorno della politica: sono giornalisti, libellisti, galoppini elettorali, conferenzieri, propagandisti”. E, sempre non avendo nulla da fare, fanno subito carriera, ci tentano, atteggiandosi a “capipopolo” e “guardiani dei segreti”.
Gli “spostati”, termine che avrebbe fatto fortuna nella redazione americana, misfits, Salvemini dice “il cosiddetto proletariato dell’intelligenza”, e intende quelli che vogliono tutto subito ma non sanno che.

Confessione - C’erano quelle, innumerevoli, del comunismo, a Mosca, Praga, Varsavia, delle cistke nell’Unione Sovietica, confessioni pubbliche ma al chiuso della comunità, come quelle delle suore carmelitane, delle Brigate Rosse in Cina e altrove, oggi dei comunitari, le comunità cattoliche di base. E quelle dei pentiti, a rate, all’orecchio di un Procuratore della Repubblica. Dopo la confessione obbligatoria del Concilio Laterano II.

Femminismo – Inaridisce, nel rapporto con gli altri, specie di coppia, e con se stessi. Il riequilibrio o ha ecceduto o è stato fatto su presupposti e a fini sbagliati. La donna è più incostante (incerta) che mai specie nel rapporto di coppia - è un fatto statistico. Insofferente del coniuge, e perfino dei figli. Con un bilancio domestico che, nel consumismo, è sempre irraggiungibile (i soldi non bastano mai). Incapace infine di passioni (immaginazione), inerte allo scambio sciale e alle sollecitazioni della fantasia.
È anche un circolo vizioso: la donna del femminismo si rende la vita più infelice escludendo ogni altro, e soprattutto l’uomo – che presto diventa, anche nella migliore coppia, un fastidio.

Laicità – Salvemini ne fissa il principio, la critica di ogni preconcetto, in un saggio ancora vergine del 1907 (ora ripreso in “La sinistra e la questione meridionale”). Ricordando come il suo amato Mazzini “negava energicamente la libertà d’insegnamento”: all’intervistatore Daniel Stern (pseudonimo di Madame d’Agoûlt, che con Lizst ebbe l’amore di una vita e insieme fecero Cosima, sposa di Wagner) minacciava la destituzione, “dopo la rivoluzione”, di “tutti i professori hegeliani” (materialisti, irreligiosi) dell’università di Napoli. Il repubblicano Nasi, ministro dell’Istruzione, “fece e disfece dispoticamente”, continua Salvemini, le istituzioni scolastiche e i corsi di studio. Mentre “il signor Nathan, Gran Maestro della massoneria e alquanto mazziniano”, sindaco celebrato di Roma, impose a scuola “I doveri degli uomini” dello stesso Mazzini, “libro imbevuto di dogmatismo religioso dal principio alla fine”.

Moda – Con i personaggi della storia contemporanea, che si baciano per la pace, Benetton s’impadronisce della storia - dopo l’Aids, la miseria, l’infanzia. Dà forma al dominio totale della merce. Lo rende cioè esplicito, coni segni visibili del mondo. Rafforzato peraltro dalla tv invasiva, i nuovi media, i centri commerciali.

Occidente – Ha vissuto l’ultimo mezzo secolo, dalla decolonizzazione, all’insegna delle guerre neo coloniali. All’insegna di fini democratici e umanitari, ma mai così numerose e cruente – sono guerre aeree e non di trincea, ma i morti sono sempre tanti. In un caso, in Afghanistan, anche occidentali.
Più il bonapartismo diffuso, i golpe militari. Particolarmente incisivi e duri quelli in America Latina, Brasile, Cile e Argentina. Con l’Europa, in questo contesto, ridotta a funzioni ancillari agli Usa, chiamata a coprire le ali o le retrovie, in quanto amica, volenterosa, o Nato.

Shopping – È la funzione sociale dominante. Le vetrine, sulla strada e online, prove d’acquisto sono per i più l’occupazione, mentale e fisica, prevalente, per il tempo impiegato e l’intensità. Se non la pratica psicologica più rassicurante, quella un tempo dei libri di preghiera, le pratiche dell’amore, il tempo perso con gli amici e le amiche. Strategie, piani, calcolo colmano le attese e calmano le ansie, nel lungo tempo libero dalle occupazioni obbligate, non c’è altro spazio o progetto, solo lo shopping. Si viaggia anche per lo shopping. Si fanno vacanze per lo shopping.
I centri commerciali sono le agorà, i fori, le cattedrali della contemporaneità - anche nelle architetture: il modello più in uso ha frontoni spioventi, da chiesa.

astolfo@antiit.eu

martedì 13 dicembre 2011

Bordello al Palazzo delle Vergogne

Per molti degli stessi giudici e per gli avvocati era il Palazzo delle Vergogne. Ora lo è anche per l’opinione. Dopo lo smercio, ieri, delle foto pornografiche di alcune “attricette”, ora escort. È successo al processo contro Berlusconi ma non era roba attinente al processo. Qualcuno ha approfittato della audience berlusconiana per smerciare le foto ricattatorie.
Lo stesso processo d’altra parte si dovrebbe svolgere e porte chiuse: non riguarda la violenza a una minorenne? Ma i giudici del processo hanno deciso altrimenti, a gioia dei tanti e ludibrio delle donne. Tre giudici donne: Giulia Turri, Carmen D’Elia e Orsolina De Cristofaro. Della Quarta sezione penale che Oscar Magi presiede, il giudice garante della privacy – contro la benemerita Google.
Roba da Crébillon Fils, da “secondo scaffale” dei libri proibiti. Si potrebbe dire un progresso rispetto ai giudici concussori e bari che a Milano sono diventati moralizzatori. Il processo si potrebbe prendere per un romanzetto cosiddetto francese, o di costumi, che sempre si vuole a fondo sessuale: seduzione, prostituzione, adulterio, libertinaggio. A Milano questo mancava, e le giudici hanno colmato la lacuna, andando anche oltre il “secondo scaffale”, perché Milano vuol’essere sempre prima: il tribunale hanno trasformato in un bordello. Per gente dabbene certo, morale, civile, che irride le puttane. Come in un vero bordello. Né poteva essere altrimenti, si sa che la giustizia è donna. Come le tenutarie: le ragazze vogliono essere accudite da buone madri.
Ma un problema resta: dov’è la prostituzione?

Il Proust frammentario di W. Benjamin

Salva, en passant, la cattiva coscienza di chi compra tanti libri senza (poterli) leggere. Tra cose ed eventi straordinari per semplicità: i fichi a Secondigliano, il petit déjeuner tra gli specchi al bistrot, il “Pranzo caprese” offerto, imposto, dalla vecchia puttana, l’euforia d’identificarsi coi romani nell’osteria a piazza Montanara a Roma (attorno al teatro Marcello, la piazza di molti sonetti del Belli, demolita nel 1928 per cercare un foro olitorio che non si è trovato), col falerno e il baccalà, e l’omelette alle more la cui bontà non si ricostituisce senza la vita precedente. Nella vena, meno malinconica, del Proust che avrebbe potuto essere Benjamin. Tra moralità anch’esse semplici: le disgrazie nostre sono la felicità altrui (Leopardi), di nemici e amici, il nostro forte sono le sconfitte, la natura è più bella inquadrata dalla finestra di una villa italiana, la fortuna se la predice il postulante, astrologi e cartomanti si limitano a prospettargli le maschere di quello che avrebbe potuto o voluto essere (“le ombre di vita mai vissute”) – due piccole raccolte in questi “Denkbilder” s’intitolano “Ombre brevi”: l “ombra breve” è quella di mezzogiorno (“l’ora di Zarathustra, il pensatore al «mezzogiorno della vita», al «giardino d’estate», quando la conoscenza distingue le cose col maggior rigore”), il procedimento è per concatenazione.
La raccolta è una riedizione dei “Denkbilder”, le immagini di pensiero, messi assieme nel 1998 con i testi di “Immagini di città” e una ventina di altri pezzi che Benjamin scrisse per i giornali tra il 1925 e il 1933. Col garbo noto, l’acume e la svagatezza. Anche nei testi più stravaganti, “La via del successo in tredici tesi”, per esempio, che consigliata da Benjamin è tutto dire. Ma non senza saggezza. Al punto quattro, per esempio: “Non s’immagina a che punto ciò che è senza equivoco costituisce il bene supremo per il pubblico. Un centro, un führer, una parola d’ordine”. O al punto sei: “Chi scrive non sa quanto la posteriorità è moderna”, viene con l’intellettuale indipendente, ancora nel Seicento nessun autore avrebbe avuto l’idea di affidarsi ai posteri. È tutta storia contemporanea la conclusione della “Via”: “Il successo del genio della finanza è della stessa tempra della presenza di spirito con cui l’abate Galiani s’illustrava nei salotti. Soltanto oggi non sono più, come diceva Lenin, gli uomini ma le cose che vogliono essere domate. Da qui la stupidità che così spesso appone il suo sigillo sulla suprema presenza di spirito dei magnati dell’economia”.
“Denkbilder”, immagini di pensiero, è il penultimo titolo del libro, una raccolta prevalentemente di sogni. Adorno, “Su Benjamin”, così la spiega: “Una concezione di Platone, opposta al neo kantismo, secondo la quale l’idea non è una semplice presentazione ma un ente in sé che, benché costituita puramente dallo spirito, possiede una realtà sensibile”. Il termine è stato introdotto con questo senso nella poesia tedesca da Stefan George, che in un componimento in lode di Mallarmé (in “Il settimo anello”), lo dice “sanguinare per la sua immagine di pensiero”.
Dopo l’insopprimibile postfazione di Peter Szondi alle “Immagini di città”, di cui fu l’editore, Benjamin è il “fanciullo che sta con gli occhi attoniti nel labirinto”, delle città, dei paesi stranieri, delle cose e delle sensazioni. Mentre è piuttosto Proust, un rielaboratore d’immagini e sensazioni – o allora Proust è un fanciullo attonito, ipotesi non stravagante. Un Proust frammentario, per mancanza di fondo, chissà, o d’ambizione (qui Benjamin si rappresenta come “l’uomo astuccio”, contento solo dentro il suo carapace, al confronto con “l’uomo distruttivo”, il suo amico banchiere Gustav Glück, che sempre è “giovane, sereno”, e sempre “trova una strada”), o semplicemente di anni, ma non in effetti mancato, la stoffa c’è, di costante potere evocativo. En passant sarà la cifra di scrittura di Benjamin, l’apparentemente divagando. Elzeviristica, ma di spessore, le tracce restano – o l’elzeviro non necessariamente è arabesco, rigaggio.
Queste prose sparse che qui e là si pubblicano sono dei piccoli geyser, gentili, fragranti, di una vasta incandescenza interna, di un assorbimento e una macerazione costanti. Comprese le distrazioni. Collezionista dichiarato di libri per bambini, Benjamin racconta l’acquisto emozionante di un libro di fiabe di A.L.Grimm, illustrato da Lyser, perché “edito a Grimma in Turingia” – che invece non c’è, c’è in Sassonia ma è ininfluente, Grimma è qui il nome dell’editore, a Francoforte.
Walter Benjamin, Images de pensée, Christian Bourgois Éd., pp. 260 € 7

lunedì 12 dicembre 2011

La teologia dell’omoerotismo

La teologia dell’omoerotismo
Un inno omo incandescente, sia pure in forma d’insistita metafora – pochi sinonimi ne darebbero una versione palese (cambiando qualche parola perfino hard). L’amore del teologo catalano nel Trecento è quello oggi omoerotico, dell’autarchia sessuale e sentimentale, una forma di autoerotismo.
Ramòn Llull, Libre d'Amich e d'Amat

La Turchia sfida la Germania

Rifiutata dalla Germania, la Turchia non guarda più all’Europa. Non l’ha detto, e anzi potrebbe ripresentare la domanda di ammissione nel 2014, la data a cui la Ue l’ha rinviata. Ma tutta la politica turca e buona parte dell’economia si sono orientate verso un ruolo regionale, in Medio Oriente e nel Nord Africa.
Sembra una bizzarria, ma per alcuni aspetti non lo è. La Turchia ha avuto un ruolo di primo piano nella primavera araba, sia come Stato, sia per il suo islam moderno, moderato. La sua integrazione economica (produzione commercio, finanza) è sempre prevalente con l’Europa, ma nel Medio oriente e in Asia cresce a ritmi doppi. Nei quattro anni della crisi l’economia turca ha continuato a crescere a ritmi elevati (quest’anno sarà cresciuta dell’8,5 per cento, più della Cina e dell’Argentina), mentre l’Europa ristagna. Fuori dall’Europa la Turchia si è trovata a giocare nuovamente un ruolo politico di primo piano, e non più di “malato”, e ne comincia a gustare i benefici. In Iraq, in Siria, in Egitto, perfino con l’Iran, e ora in un nuovo ruolo, militante, nel conflitto attorno a Israele. Anche per il rapporto privilegiato che mantiene con gli Usa.
Nel rapporto con l’Europa una singolare teoria peraltro emerge: che la Turchia sia stata rifiutata dalla Germania per non avere concorrenti in casa. La Turchia ha oggi un terzo del reddito tedesco. Ma è un paese continentale, come la Germania. Con una popolazione superiore, e una crescita demografica doppia. Con uno “spazio vitale” sui cui contare, per l’espansione politica ed economica, vasto, aperto e affluente a Est e a Sud.

domenica 11 dicembre 2011

Il “bravo” Monti

Si dice liberale e ha preso la misura più sbirresca che sia mai stata presa in Italia, dare in mano alle tasse la nostra vita d’ogni giorno. Il suo vice è un banchiere, e ha avallato per decreto la fine prossima delle banche. È un governo messo lì per rilanciare l’economia, e per prima cosa obbliga ogni famiglia alla spesa enorme di un consulente fiscale. Per non dire dei pensionati a cinquecento euro che dovranno per legge aprire un conto corrente... E del vero esproprio, anche se non più proletario, compiuto a carico di alcuni milioni di pensionandi, condannati alla povertà e alla depressione - forse per compassione?
Ci vorrebbero dieci Manzoni per dire la violenza e la stupidità di questa nuova Milano secentesca che ci governa. I conti correnti in mano all’Agenzia delle Entrate apriranno una stagione durissima per tutti i cittadini in regola, che a milioni verranno chiamati ogni giorno, in automatico, a giustificarsi di aver comprato o venduto un Bot, cinque o dieci anni fa, o di averne regalato l’ammontare, magari a un familiare. Sarà come giustificarsi ogni giorno di mangiare e dormire.
L’invio in automatico dei movimenti di conto corrente al fisco non è garanzia di nessuna equità fiscale. Ed è tre volte illiberale – in realtà è sbirresco. È un aggravio di costi per le banche (ma si può essere certi che ce lo faranno pagare, Passera non è lì per nulla). È l’esposizione di ognuno all’arbitrio del fisco. È un rincaro obbligatorio e feroce del costo della vita per ogni individuo o nucleo familiare, che dovrà provvedersi delle costosissime consulenze fiscali.
L’Agenzia delle Entrare i giornali di Loro Signori presentano come un aeropago di fini ed elette menti – giovandosi anche dell’attentato terroristico. Ma è un assembramento di burocrati. Inefficienti, a voler essere buoni – gli sproloqui del loro capo Befera oggi sarebbero altrimenti impensabili. L’Agenzia delle Entrate sa che 42 mila barche di oltre dieci metri, e 600 aerei, sono di proprietà di persone con redditi dichiarati sotto i ventimila euro, e che ha fatto? Il redditometro l’ha messo Visco nel 1998, e allora? Visco ha introdotto molti programmi che girano in automatico e dicono chi denuncia un reddito inferiore alla spesa, o alle fasce di reddito presumibile per settore e località, e allora?
L’evasione fiscale? L’economia in nero ha sempre girato fuori dalla banca, per somme alla fine importanti ma di piccolo taglio. Lo stesso gli evasori fiscali per definizione, confinando con la criminalità: prostitute-i, ladri, bari, usurai, pusher, e buona parte del commercio cinese e di altri immigrati. I molto ricchi sanno come fare a meno anche del conto corrente, hanno per questo consigliori. Monti ha solo sottoposto venti-trenta milioni di italiani a costose e faticose angherie.

Ma com’è invecchiato l’angelo di Benjamin

Illeggibile, già invecchiato per la gran parte e inutile – “Per la critica della violenza”, “Destino e carattere”, Baudelaire. Anche i testi più noti: “Il compito del traduttore” (“la traduzione è una forma” - è una forma della comunicazione…), “Sulla lingua”, “Le affinità elettive” (cento pagine per una sola intuizione: Goethe saturnino, demoniaco – non male però). In uno spazio culturale limitato, perfino etnico.
Reggono “Le tesi di filosofia della storia”, evocative, al meglio del suo onirismo narrativo. E per la stessa ragione “La capitale del XIX secolo”, in parte - Baudelaire flâneur è insopportabile. Anche il Kafka profano non è male. Poca cosa.
Walter Benjamin, Angelus Novus

Problemi di base - 83

spock

L’Egitto dopo l’Iran, le nostre più antiche civiltà, si fanno islamiche, non toccherà ora alla Grecia, e a Roma?

Se l’antico Egitto era africano e il nuovo è islamico, quand’è che l’Egitto è stato egiziano?

Non c’è sviluppo al Sud perché c’è la mafia, o la mafia c’è perché non c’è sviluppo, ma perché il dilemma non sarebbe tricornuto, lo sviluppo mafioso?

Poiché moriamo più volte cambiando città, amore, lavoro, partito, amicizie, il mondo non sarà di risuscitati?

O non sarà la resurrezione il proprio dell’uomo, più che la morte?

Il giorno del giudizio e il giudizio universale il tedesco vuole non “l’ultimo” ma “der jüngste”, il più giovane: non sarà che siamo nati vecchi e muoriamo giovani?

Se i 50 mila anni dell’homo sapiens sono i due ultimi decimi di secondo della vita organica compressa in ventiquattro ore, che cosa sono in raffronto alla vita inorganica?

Com’è che la vita viene dalla morte, l’organico dall’inorganico?

spock@antiit.eu